Si comincia con i City concerts in piazza e ci si butta nei Short Cuts del Nexus con Little Rosies Kindergarten e Raoul Bjorkenheim
I due volti dell’Austria: le frontiere chiuse del Brennero e le musiche del festival di Saalfelden che supera ogni confine. Ancora una volta la creatività e la curiosità culturale si rivelano ottimi antidoti al pregiudizio ed al banale luogo comune del “buon senso”.
Sono i Mokoomba, gruppo in arrivo dallo Zimbabwe, ad aprire il cartellone della rassegna con la più tipica delle musiche afro. Un dolce rithm’& blues, dove la melopea della grande madre nera arrotonda il black beat USA.
A seguire, sempre nella piazza del paese sotto l’egida dei City concerts, si presenta La Chiva Gantiva, gruppo tutto belga ma dal sound iberico, con evidente riferimento al genere “Manu Chao”, una musica ha subito molte influenze: il rock & roll, la chanson francese, il reggae, lo ska, il rai argentino e, ovviamente, la salsa spagnola, con testi che trattano di amore ma anche di immigrazione, di vita nei ghetti e di lotta all’esclusione.
La vera e propria chermesse jazzisitica si apre al Nexus, ciclo “Short Cuts”, con l’ ensemble austriaco Little Rosies Kindergarten, dodici elementi di un organico che riprende una nobile tradizione mittleuropea che sotto il cielo asburgico si chiama Vienna Art Orchestra o Nouvelle Cousine e cerca in un fluido sonoro la sua ispirazione creativa, tra istanti di improvvisazione collettiva ed esposizioni tematiche tipiche del largo organico; non mancano fughe dal sapore funky dove i vari solisti si presentano nella front line. La sonorita` data dai tre strumenti a corde, viola, violino e violoncello, si unisce alla timbrica delle due vocalist e gioca di rimbalzo con la sezione dei quattro strumenti a fiato, sviluppando una trama musicale lineare, solare ma non banale. In un gruppo di questo tipo non e´ certo da ricercarsi il grande solista, ne tantomeno il mattatore, quanto conviene compiacersi del risultato globale di una scrittura e della sua orchestrazione: le idee ci sono, l´omogeneita´pure e quindi un concerto promosso a pieni voti. Léminenza grigia della formazione sembra essere la batterista Judith Scharz, dal fisico fragilissimo ma dalla personalita´ ben salda.
La prima giornata di festival si chiude con il quartetto di Raoul Bjorkenheim, formazione finlandese caratterizzata dalla chitarra del suo leader, dal sax di Pauli Lyytinen, dalla linea del basso di Jori Huhtala e la batteria di Markku Ounaskari. Siamo in presenza di un jazz ormai collaudato, con temi alla Coleman e sapori coltraniani. La chitarra di Bjorkenheim risulta di ottima fattura, trovando un suo bilanciamento tra il blues di B.B. King e il rock di John McLaughin. Interessante il sax (tenore e soprano) di Pauli Lyytinen, che spesso rimembra certi crescenti alla Shepp dei bei tempi, passando da un caldo soffiato alla Ben Webster ad un torrenziale fraseggio finale. Un set che ci dimostra come, anche riferendosi a suoni gia´sentiti, si possa rinnovare un repertorio in maniera creativa ed efficace.
L´aperitivo del festival al Nexus ha aperto bene la sequenza dei set, confermando l´impressione che questa edizione del festival non sarà forse paragonabile a quelle precedenti per grandi nomi blasonati, bensì per le scoperte possibili di un interessante entourage europeo.
Ma questo è solo l’apertitivo di un festival lungo quattro giorni e trentotto concerti. Non sara´faciile trovare parole ed aggettivi per narrarvi i suoni, i personaggi, le sensazioni e le delusioni: “vorrei trovare parole nuove … ma piove piove!”