Khaled Abu Ghali è un infermiere palestinese, attualmente impegnato come volontario con la Palestine Red Crescent Society, un’associazione palestinese riconosciuta internazionalmente che si occupa di fornire assistenza medica, sociale e umanitaria a Gaza. Al sesto giorno di guerra, Khaled Abu Ghali ci racconta la crisi del sistema sanitario di Gaza ormai prossimo al collasso.

Gli ospedali di Gaza sono quasi al collasso: la testimonianza di un infermiere

Non solo le bombe, la carenza di cibo e di acqua, ma anche la crisi del sistema sanitario rischia di portare ad altre centinaia di morti nei prossimi giorni. La centrale elettrica di Gaza è stata chiusa a causa della carenza di carburante, e gli ospedali al momento stanno funzionando a basso voltaggio, ma c’è il rischio che rimangano completamente senza energia. Nel frattempo, il carburante scarseggia anche per i mezzi di soccorso, che presto non avranno più la benzina necessaria a soccorrere i feriti nelle aree bombardate.

Se da una parte il collasso del sistema sanitario avrebbe conseguenze devastanti sui feriti (al momento oltre 6mila), il rischio è che siano anche i pazienti già in cura all’interno degli ospedali a vedersi mancare terapie salvavita. «Il ministro per la salute ha dichiarato che a causa della carenza di carburante in questi giorni non sarà possibile fare niente per evitare il taglio dell’elettricità anche agli ospedali. Questo avrà ripercussioni molto gravi sulle persone che abbiamo in cura: stiamo parlando di pazienti in dialisi, neonati prematuri, pazienti in terapia intensiva che rischiano di morire perché molti degli ospedali saranno fuori servizio. Solo per quanto riguarda la dialisi renale abbiamo 1100 pazienti, di cui 40 bambini, che sono attualmente in cura all’interno degli ospedali».

Anche le energie del personale sanitario sono vicine al limite. Dopo sei giorni di lavoro ininterrotto per dare assistenza ai feriti, infermieri medici e paramedici sono stremati, e il conteggio dei morti continua a salire. «Il numero dei morti è troppo alto anche per la capienza dei frigoriferi mortuari – commenta Khaled – è un numero troppo elevato in soli sei giorni. Gaza non ha mai affrontato una situazione come questa».

E il numero dei morti, che nelle poche ore intercorse tra il collegamento con Khaled e la pubblicazione di questo articolo è già salito da 1200 a 1417, rischia di alzarsi vertiginosamente se il sistema sanitario arriverà veramente al collasso, un rischio che è stato sottolineato anche dal Ministro alla sanità palestinese. Per Khaled si tratta di un crimine umanitario, ed è necessario l’intervento urgente della comunità internazionale.

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Anna Uras