Che in Francia ci sarebbe stato un periodo di instabilità politica, inedito per il Paese, era chiaro fin dai risultati delle elezioni anticipate del luglio scorso, che non hanno consegnato una maggioranza netta ad una delle forze politiche in campo.
Ma la caduta del governo Barnier ad appena due mesi dal suo insediamento e dopo due mesi di lavoro del presidente Emmanuel Macron per riuscire a comporlo, va oltre i pronostici e potrebbe innescare una reazione a catena che arriva fino all’Eliseo.
L’instabilità politica in Francia con la caduta del governo Barnier
La mozione di sfiducia nei confronti del governo di Michel Barnier è stata presentata dal Front Populaire, la coalizione della sinistra francese, dopo che l’esecutivo ha approvato la legge di Bilancio senza il vaglio del Parlamento. Una possibilità data dallo stesso ordinamento francese, a maggior ragione in una situazione in cui nello stesso Parlamento ci sono numeri troppo risicati per un accordo.
A proposito di numeri, da solo il Front Populaire non avrebbe avuto la forza di far cadere il governo. Ciò è stato possibile per il “tradimento” del Rassemblement National di Marine Le Pen, che pure aveva trovato un accordo per la composizione della maggioranza.
Ora in Francia si apre un periodo di forti dubbi. Probabilmente lo Stato francese andrà in esercizio provvisorio per ciò che riguarda la contabilità e non è possibile indire nuove elezioni parlamentari almeno fino a giugno, quindi sarà impossibile o molto difficile trovare nuove maggioranze per comporre un esecutivo.Una paralisi istituzionale che potrebbe innescare un effetto a catena, come osserva il nostro corrispondente Lorenzo Battisti, portando fino alle dimissioni del presidente Macron.
Il cambio all’Eliseo potrebbe essere alla base del voltafaccia della stessa Le Pen, che mira a quella carica. Ma quella poltrona è contesa anche dal suo nemico del Front Populaire, Jean-Luc Mélenchon.
La possibile lettura di Battisti, però, prende in considerazione il piano internazionale e in particolare la guerra. Lo scenario sarebbe simile a quello del 1998 in Italia, quando il governo Prodi cadde ufficialmente per la questione delle 35 ore lavorative volute da Rifondazione Comunista, ma sullo sfondo c’era in preparazione la guerra dell’Occidente in ex Jugoslavia e l’esecutivo italiano non era ritenuto abbastanza solido.
Allo stesso modo, Battisti osserva che nel mondo ci sono diversi fronti di guerra, dal Medio Oriente al conflitto russo-ucraino.
Su quest’ultimo in particolare, dopo l’autorizzazione ad utilizzare armi a media gittata in territorio russo da parte di alcuni Paesi della Nato, si ventila l’ipotesi di un coinvolgimento diretto di contingenti occidentali in quella che diventerebbe una guerra aperta.In una situazione del genere, un governo “tenuto insieme con lo scotch” come quello francese non sarebbe all’altezza.
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