I risultati del ballottaggio delle elezioni legislative francesi hanno fatto tirare un sospiro di sollievo in Europa. La vittoria del Nouveau Front Populaire, il fronte popolare della sinistra francese e il secondo posto dei macroniani hanno fatto scivolare le Rassemblement National, cioè l’estrema destra di Bardella e Le Pen al terzo posto, scongiurando che la marea nera nel continente continuasse ad avanzare.
All’indomani del voto, però, è utile comprendere le ragioni che hanno guidato gli elettori e le elettrici francesi, perché il Fronte Popolare ha registrato una considerevole affermazione e soprattutto quali potranno essere gli scenari per la formazione di un governo.
Francia, il programma del Fronte Popolare che ha raccolto consenso
Al netto di quello che succederà ora, in particolare per la formazione di un governo, il programma del Fronte Popolare francese è piuttosto radicale e ambizioso.
A raccontarlo ai nostri microfoni è il giornalista Francesco Ditaranto, che sottolinea subito il capitolo dedicato al lavoro e alle pensioni, sicuramente una parte qualificante della proposta della formazione di sinistra.
«Si punta ad alzare il salario minimo di duecento euro, portandolo a 1600 euro netti – sottolinea Ditaranto – e troviamo anche l’indicizzazione dei salari all’inflazione, così come i blocchi per risorse primarie come energia e carburanti».
Sempre a proposito di lavoro, si punta a tornare alle 35 ore lavorative settimanali, che scendono ulteriormente a 32 per i lavori usuranti.
Ma il punto che forse ha catalizzato più consenso è l’abolizione della contestatissima riforma delle pensioni voluta da Macron, che ha portato a una mobilitazione di massa per settimane. Nel programma del Fronte Popolare si torna ad un’età pensionabile di 62 anni, con l’obiettivo di farla scendere ulteriormente a 60 anni.
Anche per il fisco ci sono proposte radicali: una progressività verrà con 14 scaglioni e la tassazione degli extraprofitti, necessaria ad una redistribuzione della ricchezza.
Per quanto riguarda la crisi climatica, nel programma del Fronte Popolare è contenuta una moratoria per le grandi opere infrastrutturali, così come si punta a qualificare la Francia sulla produzione rinnovabile, in particolare sull’eolico marino.
La crisi climatica si intreccia anche all’immigrazione, con la proposta di istituire la figura del rifugiato climatico.
Anche su scuola e sanità sono previste misure. Come il prezzo simbolico di 1 euro per le mense scolastiche o un piano di assunzioni nella sanità pubblica. Sempre in tema sanitario, si vuole vincolare l’apertura di cliniche private alla disponibilità di assolvere a funzioni che il pubblico non riesce a svolgere, ma gratuitamente per gli utenti.
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Mélenchon vuole il governo: ce la farà? I possibili scenari
Nella serata di ieri, appena apparse le proiezioni sui risultati del ballottaggio, Jean-Luc Mélenchon, leader di France Insoumise, formazione all’interno del Fronte Popolare, ha parlato per rivendicare la possibilità di formare un governo.
In realtà, come sottolinea ai nostri microfoni il corrispondente Lorenzo Battisti, la Francia non si è mai trovata in una situazione del genere perché il sistema istituzionale è impostato in chiave maggioritaria con un presidenzialismo che determina una maggioranza netta anche in Parlamento. Ora, invece, ci sono tre blocchi di dimensioni simili e molto ideologicamente divergenti uno dall’altro.
I possibili scenari sono tre. Il primo è la formazione di un governo di coalizione, inedito in Francia, che veda come prima opzione l’incarico ad un esponente del Fronte Popolare.
«L’accordo è molto difficile – sottolinea Battisti – perché il programma del Fronte Popolare è di fatto una bocciatura di quanto fatto da Macron, mentre con l’estrema destra non ci sono punti in comune». La stessa cosa vale nelle altre possibili combinazioni.
La seconda ipotesi riguarda un governo di minoranza, come fece lo stesso partito di Macron negli ultimi tempi. «Una situazione difficile, in cui il primo ministro del Fronte Popolare si troverebbe contro due terzi del Parlamento».
La terza ipotesi, altrettanto inedita in Francia, è un governo tecnico sulla scia di quelli che in Italia abbiamo già conosciuto bene, Draghi e Monti sono solo gli ultimi della lista.
«La Costituzione francese impedisce che per un anno venga sciolto il Parlamento – osserva il corrispondente – Quindi un governo tecnico potrebbe avere il mandato di fare alcune riforme, come ad esempio una riforma elettorale proporzionale, vista la situazione attuale, per poi tornare alle urne l’anno prossimo».
In ogni caso, la Francia si avvia, come già è successo per altri Paesi europei, a un periodo di instabilità politica.
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