Hanno provocato un piccolo terremoto le parole di Oscar Farinetti, patron di Eataly, attorno a Fico, il parco agroalimentare bolognese. La settimana scorsa Farinetti ha ammesso che l’operazione è stata un flop, ma ha contestualmente rilanciato, facendo sapere che, dopo la chiusura di qualche mese, il parco riaprirà con un nuovo nome (Grand Tour Italia) e un nuovo format.
Le dichiarazioni del patron di Eataly, però, non sono piaciute ai sindacati, che erano all’oscuro di tutto e che temono per la sorte dei 55 lavoratori diretti e dei circa 200 lavoratori delle imprese che affittano spazi all’interno di Fico. Per questo hanno chiesto un incontro urgente alla dirigenza, dal quale però non sono usciti con più certezze, anzi.

Il futuro di Fico è un bluff? I sindacati lamentano l’assenza di un piano industriale

La nota diramata da Cgil, Cisl e Uil dopo l’incontro con l’amministratore delegato di Fico Piero Bagnasco ha toni perplessi, se non inquietati. Se da un lato la dirigenza di Fico ha parzialmente ritrattato le dichiarazioni di Farinetti, dall’altro ha detto cose contraddittorie e soprattutto ciò che hanno constatato i sindacati è che non c’è un piano industriale per il passaggio al nuovo format.
«Prima ci è stato detto che il parco non sarà chiuso, poi ha detto che sarà chiuso solo parzialmente ristrutturando zona per zona, tenendo aperto al pubblico. Infine ha detto che verrà chiuso, ma i lavoratori diretti continueranno a lavorare», riporta ai nostri microfoni Daniela Dessì della Filcams Cgil.

I sindacati hanno continuato a incalzare la dirigenza, chiedendo quale sarà la sorte dei lavoratori delle aziende satelliti. «E soprattutto – continua la sindacalista – le aziende satellite rinnoveranno l’affitto degli spazi in scadenza a novembre dopo aver ascoltato le parole di Farinetti che definiva un flop il parco?». Ed ecco le contraddizioni: per l’ad le aziende sono entusiaste e rimarranno tutte, ma i lavoratori che sono all’interno hanno fatto sapere al sindacato che molte aziende non rinnoveranno.
È proprio la questione occupazionale a spaventare Cgil, Cisl e Uil e anche su questo le parole della dirigenza non hanno dato certezze o rassicurazioni. «Siam partiti dal “non ci sono problemi” al “se ci fossero esuberi o chiusure se ne farà carico prioritariamente Fico”», lamenta Dessì.

Durante l’intervista con la delegata della Filcams è emerso anche lo schema con il quale Farinetti conta di garantire la sostenibilità economica di Fico. Se l’attuale struttura tentava di usufruire di fondi del Ministero della Cultura per le attività educative che si svolgono all’interno, con Grand Tour Italia, definito una sorta di “Italia in Miniatura del cibo”, si batterebbe cassa alle Regioni.
Quel che è certo, nel modello di business di Fico, è che con le sole risorse private derivanti dagli ingressi e dalle vendite la struttura non starebbe in piedi.
In ogni caso i sindacati pretendono che venga loro presentato un piano industriale e che si faccia chiarezza sulla sorte di lavoratori e lavoratrici, ma anche della struttura stessa, che rischia di desertificare una zona della città già periferica, che invece si sarebbe dovuta rilanciare.

Ma perché Fico non è mai decollato? Un’idea la sindacalista ce l’ha: «Non sono un’imprenditrice, ma sicuramente la pandemia ha abbassato gli ingressi e la voglia di partecipare a questo progetto. Però è stata fatta una scelta sbagliata dietro l’altra. Quando c’è stata la crisi hanno messo il biglietto di ingresso. I prezzi all’interno del parco sono tutti inaccessibili alla maggioranza della popolazione bolognese. Infine non sono stati ascoltati i lavoratori all’interno del parco per quanto riguarda il gradimento delle iniziative, in modo da incrementare quelle più allettanti».

ASCOLTA L’INTERVISTA A DANIELA DESSÌ: