“Políticos: somos vuestros jefes y os estamos echando”. Dal 15 maggio a oggi il movimento degli indignados non ha perso né speranza né partecipazione, soltanto la visibilità.

Dopo le piazze sparse per la Spagna che hanno dato vita alle esperienze delle acampadas il movimento ha continuato a organizzare manifestazioni, nonostante i diversi tentativi di sgombero subiti. La dimensione di rete e la comunicazione via web ha reso possibile non soltanto il coordinamento delle azioni di lotta e di protesta del movimento spagnolo ma ha allargato le prospettive della mobilitazione dalle varie comunità iberiche, all’Europa, al mondo.

Già all’inizio dell’esperienza del movimento degli indignados diverse erano state le mobilitazioni europee che avevano preso spunto dall’esperienza spagnola: da Londra, Parigi, Berlino, Bologna, Atene, Lisbona, Istanbul. E la rabbia degli indignados è riuscita in poco tempo a coinvolgere anche il Sud America, dove precari, studenti e cittadini messicani hanno per primi imitato l’esperienza. Subito dopo Argentina e Cile hanno hanno seguito l’esempio contagiando le piazze del di buona parte del Sud America.

E poi la rabbia è arrivata nel nord del continenete americano. “¿Será Casualidad: los indignados en los estados unidos protestan?” La protesta anticapitalista si era diffusa anche negli Stati Uniti, lasciando basiti gli stessi promotori del movimento. Lo stupore , si è visto su twitter, nei forum, sulle pagine dei blog ma era già tutto accaduto: New York, Boston, Washington, Los Angeles, Seattle. Le piazze di Madrid, Barcelona, Granada, Sevilla erano arrivate definitivamente oltre l’oceano.Però gli ispiratori del movimento stavano dall’altra parte del mediterraneo. Le piazze occupate della penisola iberica non hanno mai smesso di seguire gli avvenimenti e lo sviluppo delle rivolte che dall’Africa del Nord alla Siria hanno coinvolto le società civili contro i propri regimi, richiedendo giustizia, stato sociale e democrazia reale. Dal Medio Oriente arrivava la rabbia e la forza della rivolta, in penisola iberica veniva accolta e riunita nelle esperienze di convivenza delle acampadas e da lì questo modo di protestare iniziava a diffondersi. Queste esperienze creavano piccole società organizzate all’interno delle città, punti di riferimento delle lotte e delle varie mobilitazioni- Qui i movimenti sociali, i comitati di quartiere e chiunque volesse protestare trovava lo spazio per potersi confrontare con le diverse realtà realmente in crisi. Una crisi che colpisce tutti i campi della società e mette in discussione le realtà istituzionali che la gestiscono, le stesse realtà che fino alla fine hanno tentanto di ignorare la protesta.

Le realtà politiche hanno tentato di ignorare la protesta fin quando, da Madrid a Barcelona, le acampadas non si sono spostate sotto le sedi istituzionali del potere politico. La acampada di Barcelona al Parlament di Catalunya, ad esempio, ha paralizzato il traffico cittadino, tentando di impedire ai rappresentanti di governo di entrare per approvare le leggi che confermavano i tagli al welfare. Queste azioni, i violenti sgomberi e la persistenza nelle piazze ha dato, finalemente, visibilità al movimento.Le acampadas, intanto, hanno cercato di venire incontro alle altre proteste, organizzandosi in commissioni tematiche: educazione, sanità, diritto e lavoro, comunicazione. Tutte le commissioni hanno iniziato a stilare documenti con proposte concrete per il cambiamento, dai temi del welfare alle leggi elettorali. Infine la mobilitazione organizzata è tornata nei quartieri delle città, nelle assemblee dei vicini e nei centri civici, per poter continuare a essere un punto di riferimento per tutta la popolazione.

Altre commissioni si sono spostate nei luoghi che avevano subito le maggiori conseguenze dei tagli indiscriminati: ancora oggi resite la acampada al Hospital Clìnic, struttura di riferimento della sanità pubblica catalana, luogo oggi per rivendicare il diritto alla salute. Proprio per questo carattere che ha tentato di integrare, dopo anni, il tema delle rivolte globali e l’attenzione al proprio territorio, che già in Giugno il movimento degli indignados aveva già proposto una giornata, in cui da tutte le piazze che, per un motivo o per un altro, avevano aderito alla protesta, partisse una iniziativa coordinata, autorganizzata e globale. Dalla manifestazione nazionale del 19 giugno a Madrid, che ha coinvolto tutte le realtà delle acampadas è partita la proposta che ha portato all’organizzazione del 15 ottobre.Non a caso il sito dell’evento www.15octuber.net è consultabile in 18 lingue e basta guardare la cartina dei movimenti aderenti alla mobilitazione per rendersi conto che saranno in protesta da Londra a Dakar, da New York a Roma, da Calcutta a Sidney a Johannesburg.

Pochi giorni fa, sul quotidiano catalano La Vanguardia, il giornalista Raquel Andrès aveva espresso dei dubbi sulla Rivoluzione dei social network definendola una Rivoluzione dal divano. Adesso le piazze si stanno riempendo di manifestanti. Tutti potranno partecipare ai cortei pacifici a patto che non portino nè bandiere di partiti politici nè, ovviamente, divani.E si comincia dalla Plaza del Sol di Madrid e da Plaça Catalunya di Barcelona a mezzogiorno. Gli stessi luoghi che alla protesta hanno dato il via.
Selene Cilluffo