Un morto a Pianoro, 2000 sfollati di cui 500 solo in città, 160 millimetri d’acqua caduti in sei ore, fiumi, torrenti e canali esondati, fognature e tombature esplose nelle cantine, strade, sottopassi e case allagati e danni ancora non calcolati. È questo il bilancio della nuova alluvione che ha colpito la Città Metropolitana di Bologna, in particolare il capoluogo, sabato scorso. La terza in 17 mesi, ma se si allarga l’arco temporale, è la sesta in cinque anni.
È lo stesso sindaco Matteo Lepore, ieri pomeriggio, ad avere fornito i numeri e illustrato la situazione dell’ennesima manifestazione della crisi climatica in città. Una nuova ferita che è difficile capire come rimarginare.

Alluvione a Bologna, «una diversa soluzione ingegneristica» per la sicurezza del territorio

È proprio il tema della messa in sicurezza del territorio di fronte a continue criticità e catastrofi quello che, dopo l’emergenza, la messa in salvo delle persone e il controllo delle scuole (oggi chiuse), tiene banco.
Dopo l’alluvione del maggio 2023 i geologi lo hanno detto in tutte le salse: serve ridare spazio ai fiumi. Un tema parzialmente recepito anche dal piano elaborato da Regione e struttura commissariale ultimato a luglio, nel quale sono contemplate anche le delocalizzazioni di alcuni insediamenti in aree a rischio.
Se già ciò comporterà difficoltà e risorse ingenti, resta comunque un nodo irrisolto che riguarda le tombature e i canali che passano sotto la città.

I casi emersi nel disastro di sabato scorso sono due: il Ravone e il Canale di Reno. Il primo aveva già creato problemi nel maggio 2023 e due giorni fa è tornato ad allagare via Saffi, via Andrea Costa e zone limitrofe. «Noi abbiamo già fatto molto sul Ravone con la griglia, che ha trattenuto tanti tronchi, e sulla base di via Saffi, dove l’allargamento che abbiamo fatto ha permesso che l’acqua non esondasse in quel punto – osserva Lepore – Purtroppo il Ravone è uscito prima ed è uscito dopo, proprio perché quando passa in città è sotto le case e in tanti cunicoli stretti».

Diverso ciò che avvenuto nel canale in via Riva Reno, che era stato svuotato per consentire i lavori del cantiere del tram. Il canale si è velocemente riempito ed è esondato, facendo scoppiare furiose polemiche sui social. C’è infatti chi punta il dito proprio contro la scopertura del canale, accusata di aver favorito gli allagamenti. Non sempre è servito spiegare che, da un lato, il canale si è riempito sia per effetto delle precipitazioni, ma soprattutto perché collegato allo stesso Ravone e, dall’altro, che la scopertura è ciò che ha impedito che esplodessero le cantine o le strade, come è accaduto in altre zone della città.

È proprio il nodo dei canali che passano sotto la città e la tombatura avvenuta nei decenni scorsi a rappresentare un grosso problema dato il nuovo trend di precipitazioni che colpisce Bologna. Una quantità d’acqua come quella caduta in poche ore sulla città non può essere sopportata dal sistema idraulico attuale. E se il primo cittadino ha sottolineato l’importanza dei canali come valvola di sfogo delle acque di torrenti e rii, è lo stesso Lepore ad affermare che «a meno che non vogliamo togliere tutti i condomini che stanno sopra al Ravone, dobbiamo trovare una soluzione ingegneristica che sia diversa da quella che storicamente la città ha avuto, dobbiamo studiare una modalità diversa della raccolta delle acque».

È lo stesso sindaco, però, a mettere in chiaro che bisogna essere «sinceri coi cittadini: quando si fanno opere speciali e strutturali ci vuole tempo».
Per questa ragione Lepore richiama tutti alla coesione istituzionale, invitando a mettere da parte battibecchi e polemiche e lavorando invece insieme per evitare di ricominciare sempre da capo.

ASCOLTA L’INTERVISTA A MATTEO LEPORE: