Oggi vengono definiti driver, ma per dirlo all’italiana sono i corrieri che consegnano nelle nostre case i pacchi ordinati su Amazon. Lavorano in appalto per la multinazionale di Jeff Bezos e l’organizzazione del lavoro fa sì che a comandarli sia un algoritmo, che impedisce loro anche di fermarsi per un caffè o per andare in bagno. Per questa ragione, dopo essersi riuniti in assemblea, hanno proclamato lo stato di agitazione a Bologna, Rimini, Piacenza e Parma, appoggiati dalla Filt-Cgil.

Amazon, i corrieri in appalto in stato di agitazione: l’algoritmo ordina troppe consegne

«In questo caso non stiamo parlando delle retribuzioni, perché sono corrette e c’è anche una contrattazione di secondo livello – spiega ai nostri microfoni Andriano Montorsi, segretario della Filt-Cgil dell’Emilia Romagna – Qui stiamo parlando delle condizioni di lavoro, in particolare degli eccessivi carichi per le troppe consegne».
Il problema dei corrieri in appalto è già stato rappresentato dai sindacati alle società che lavorano per Amazon, ma finora non si è mai arrivati a una discussione che potesse portare al governo dell’algoritmo.

Troppe consegne da fare, quindi, senza la possibilità nemmeno per fermarsi un attimo e una grande difficoltà, quella vissuta dai driver, nella gestione dei tempi di vita e di lavoro.
La proclamazione dello stato di agitazione ha già ottenuto un piccolo risultato. La controparte si è subito fatta viva mostrando disponibilità al confronto. Forse anche perché fra poco arriverà il Black Friday. «Non vorremmo trovarci nelle condizioni di fare iniziative che loro sanno perfettamente che li colpirebbero fortemente», osserva Montorsi.

ASCOLTA L’INTERVISTA AD ADRIANO MONTORSI:

La risposta dell’azienda

In seguito alla proclamazione dello stato di agitazione, Amazon, l’azienda committente, replica con un comunicato inviato a tutte le testate.
«Lavoriamo a stretto contatto con i nostri fornitori di servizi di consegna per consentire loro di pianificare adeguatamente le loro esigenze operative e definire degli obiettivi realistici che non mettano pressione su di loro o sui loro dipendenti», scrive l’azienda, che poi dettaglia: «Le aziende fornitrici, nell’ambito della contrattazione di secondo livello, hanno ridotto l’orario di lavoro dei corrieri da 44 a 43 ore settimanali il 1° giugno 2022, ed ulteriormente ridotto a 42 ore il 1° giugno 2023. I corrieri sono assunti da fornitori di servizi di consegne al livello G1 del CCNL Trasporti e Logistica con un salario d’ingresso pari a 1.700€ lordi al mese (circa 1300 netti, ndr), tra i più alti del settore, per i dipendenti a tempo pieno, e oltre a 400€ netti mensili come indennità giornaliera. La quasi totalità dei corrieri termina le consegne entro l’orario contrattualmente previsto, e le aziende di consegna supportano i loro dipendenti in caso di necessità operative. Nel caso in cui una rotta non venga completata entro l’orario lavorativo, i pacchi non consegnati vengono riprogrammati per la consegna il giorno successivo».

Nella replica, però, non vengono purtroppo elencati dati su quante consegne giornaliere sono assegnate a ciascun driver, cifra dirimente per capire la sostenibilità o meno dei carichi di lavoro.