L’India raggiungerà emissioni zero soltanto nel 2070, vent’anni dopo l’obiettivo che gli altri Paesi si stanno ponendo per contrastare i cambiamenti climatici. Lo ha annunciato il premier indiano Narendra Modi, con parole che sono suonate come una doccia fredda su Cop26, la conferenza sul clima in corso a Glasgow.
Se già la conferenza era cominciata in salita, la posizione dell’India complica ulteriormente le cose. Ma una lettura standardizzata degli obiettivi da raggiungere non tiene conto delle condizioni di partenza, come spiega ai nostri microfoni la giornalista Lou Del Bello.

Cop26, la situazione di India e Paesi emergenti

Lou Del Bello, che si trova in India, a fine settembre scorso ha firmato per The Third Pole un articolo intitolato “What’s at stake for India and South Asia at COP26?” (Qual è la posta in gioco per l’India e l’Asia meridionale alla Cop26?).
Ai nostri microfoni la giornalista ricostruisce il dibattito indiano sui cambiamenti climatici: «L’attenzione per un potenziale target a emissioni zero in India è cominciata a febbraio, quando la Cina ha lanciato i suoi obiettivi climatici. Essendo rivali, se la Cina fa qualcosa, l’India segue e cerca di stare al passo».
Le condizioni dei due Paesi, però, sono molto diverse, sia in termini economici che di governance. L’India, infatti, è una federazione di Stati in cui, oltre al governo centrale, esistono Stati locali che decidono del proprio territorio e possono anche fare opposizione al governo centrale. «Raggiungere quel tipo di consenso – osserva Del Bello – è molto difficile».

Pensare che tutti i Paesi del mondo, a prescindere dalle proprie condizioni di partenza, debbano attenersi all’obiettivo della neutralità climatica al 2050, però, è sbagliato. «Anche un obiettivo al 2070 è molto ambizioso per un Paese come l’India – sottolinea la giornalista – Il 70% dell’energia consumata in India viene dal carbone, che è una fonte fossile molto inquinante, ma è un Paese con 1,3 miliardi di abitanti, la maggioranza dei quali vive in povertà. Cambiare questo sistema dall’oggi al domani richiederebbe innanzitutto una quantità di soldi che non sono disponibili, nonostante i potenziali aiuti internazionali, e creerebbe dei problemi a livello di sviluppo e di benessere della popolazione».

La sfida che l’India e altri Paesi emergenti devono affrontare, dunque, è doppia, perché da un lato l’obiettivo è quello della decarbonizzazione, ma dall’altro rimane valido l’obiettivo del raggiungimento del benessere economico per la popolazione.
In altre parole, una delle rivendicazioni che i Paesi emergenti hanno portato alle diverse edizioni della Cop riguarda proprio il diritto al benessere, che l’Occidente ha già conosciuto. Ragion per cui non è pensabile di applicare gli stessi obiettivi a tutti.

«Da un lato c’è una rivendicazione giusta, perché ciascuno ha diritto ad una vita dignitosa, che permetta di mangiare, accendere la luce e scaldarsi quando è freddo – evidenzia Del Bello – Però nel corso degli anni c’è stato un interessante cambiamento nella posizione dei Paesi in via di sviluppo. Di recente c’è stato un riconoscimento del fatto che tutti i Paesi hanno un certo tipo di responsabilità».
In altri termini, i Paesi emergenti non hanno scaricato il problema sui Paesi ricchi, sottolineando che sono questi ultimi ad avere creato il problema, ma sono consapevoli di dover fare la propria parte.

«L’India è stata tra i fondatori dell’International Solar Alliance – racconta la giornalista – che proprio domani a Cop26 lancerà un progetto molto ambizioso di un network elettrico internazionale per trasportare energia solare, energia pulita in giro per il mondo».
L’aspettativa dei Paesi emergenti è che gli osservatori e i Paesi ricchi riconoscano la differenza delle condizioni di partenza, quindi diverse potrebbero essere le tempistiche per il raggiungimento degli obiettivi contro il cambiamento climatico.

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