Lo aveva promesso e lo ha fatto. Donald Trump, appena insediato ufficialmente come 47° presidente degli Stati Uniti d’America, non ha perso tempo per rispolverare il suo negazionismo climatico e, tra i primi ordini esecutivi firmati, c’è quello della fuoriuscita dagli Accordi di Parigi sul clima. Non solo. Altri provvedimenti minori vanno nella medesima direzione, come l’abrogazione dell’obiettivo fissato dal suo predecessore, Joe Biden, di arrivare entro il 2030 ad avere il 50% di auto elettriche.
Non è la prima volta che Trump, da presidente, segna il proprio disimpegno dalla lotta alla crisi climatica. Già nel primo mandato gli Usa erano usciti per volontà del tycoon, ma la cosa era stata evitata in extremis dall’arrivo di Biden.

La crisi climatica e il negazionismo di Trump: gli Usa escono dagli Accordi di Parigi

Che conseguenze può avere l’uscita degli Usa dagli Accordi di Parigi? «La prima conseguenza è sicuramente finanziaria – spiega ai nostri microfoni Lorenzo Tecleme, giornalista esperto di questioni climatiche – Tutti quegli impegni, i vari fondi verdi in cui il nord globale trasferisce un po’ della sua ricchezza al sud, dipendono dagli Accordi di Parigi. Non sono tanti soldi: l’Occidente e gli Stati Uniti in particolare ne mettono meno di quelli che dovrebbero, ma comunque sono soldi che ci sono. Con l’uscita dall’accordo, gli Usa smettono di essere dei contributori. Non è una bella notizia per i Paesi in via di sviluppo».
Secondo quanto affermato dallo stesso consigliere di Trump che gli ha posto l’ordine esecutivo da firmare, il disimpegno finanziario degli Stati Uniti rispetto agli accordi sul clima ammonta a 3 miliardi di dollari.

Un secondo effetto potrebbe essere diplomatico. Che succederà nelle trattative delle varie conferenze sul clima ora che il secondo Paese più inquinante al mondo, il primo per emissioni storiche, non sarà presente ai tavoli? Ci sarà qualcuno che prenderà le redini?
Il rischio potenziale è un effetto domino: se uno dei Paesi più importanti del mondo dà forfait, a catena potrebbero seguirne altri. I precedenti, però, lasciano ben sperare. «Quando Trump uscì per la prima volta dagli accordi – ricostruisce Tecleme – non vi furono altri Paesi che lo seguirono. E anche oggi sembra che anche dove governa la destra non vi sia chi vuole compiere il medesimo gesto, nemmeno Milei in Argentina che lo aveva promesso».

C’è però anche un effetto psicologico a rappresentare uno dei dubbi sul futuro. In particolare, il ringalluzzimento della destra potrebbe portare, secondo il giornalista, acqua al mulino del negazionismo climatico.
Eppure proprio negli Stati Uniti, Los Angeles è bruciata anche per effetto della crisi climatica. La narrazione negazionista potrà continuare a lungo nonostante le manifestazioni del cambiamento del clima? «La destra americana è bravissima a sviare – osserva Tecleme – Mentre Los Angeles bruciava, si parlava di surriscaldamento o di scarsità di prevenzione, la destra, attraverso i suoi canali come Fox News o X, parlava di tutt’altro, del fatto che la capa dei vigili del fuoco fosse lesbica e altre cose che non c’entravano niente. Questo mi aspetto anche per il futuro».

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