Anche Potere al Popolo Bologna ha presentato la lista con cui correrà sia per il Consiglio comunale che per i Consigli di quartiere. «Un lavoro collettivo», così la candidata sindaca Marta Collot racconta il processo che ha portato alla composizione della squadra, che si propone di portare avanti un’altra idea di città, in rottura con l’asse del Partito Democratico.

“Bologna città pubblica”, la lista di Potere al Popolo per le comunali

«Le nostre liste sono formate da tutti coloro che sono stati dimenticati dalla politica in questi anni. Abbiamo un gruppo formato da precari, giovani, donne e attivisti che hanno preso parte alle lotte che hanno segnato questa città», spiega Collot.
Tra i nomi di spicco in lista, oltre a diversi esponenti del sindacato Usb, Francesca Sanfelice (coordinatrice del Comitato dei familiari delle vittime nelle CraRsa) e lo scrittore Valerio Evangelisti, protagonista di molte battaglie della sinistra bolognese in questi decenni e presente come capolista.

«Il nostro slogan è “Bologna città pubblica”: perché desideriamo una rottura rispetto all’amministrazione degli ultimi decenni – sottolinea Marta Collot – È emblematico il caso dello stabile in via Agucchi, di proprietà delle Poste, tenuto vuoto per vent’anni e ora svenduto ai privati. Noi crediamo che per il problema abitativo ci sia una sola soluzione possibile, ovvero requisire tutti gli stabili vuoti per darli a chi di fatto vive la città e farci case popolari e luoghi di aggregazione».
A proposito di aggregazione, domani Potere al Popolo risponderà alla lettera dei comitati dei residenti che sollevano ancora il tema del degrado e della sicurezza. «Vogliamo parlare di un tema di cui non parla nessuno – sottolinea Collot – cioè lo sfruttamento dei giovani con lavori e lavoretti».

«Chi comanda a Bologna è convinto da decenni che questa città possa avere un futuro solo emergendo come vincitrice nella competizione tra grandi metropoli, per dimostrarsi più attraenti per il capitale – scrive la formazione politica – Seguendo questa convinzione, hanno avviato una privatizzazione con caratteristiche emiliano romagnole: abbandonando il governo pubblico dei processi di trasformazione, facendo diventare il Comune un facilitatore e sostenitore dei “progetti di sviluppo” del privato, scaricando i costi sulla popolazione. Noi pensiamo che questa logica abbia cominciato a mostrare da anni tutti i suoi limiti».

Medea Calzana

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