In diverse città italiane appaiono tendopoli di protesta. A crearle sono studentesse e studenti universitari che non riescono più a sostenere i costi per gli affitti, esplosi soprattutto nelle grandi città e causati anche dal proliferare degli affitti brevi turistici. L’orginale forma di protesta è cominciata a Milano, seguita da Roma e Bologna.
Proprio a Bologna, intanto, oggi va in scena il primo appuntamento dell’assemblea pubblica sulla casa, cui seguiranno altri due appuntamenti, il 15 e 23 maggio, dato l’alto numero di adesioni.
L’assemblea sulla casa: tre incontri per discutere di politiche abitative
Dopo la presentazione del Piano dell’Abitare, oggi il Comune promuove, attraverso il nuovo Osservatorio sul sistema abitativo, composto anche da Città Metropolitana, Regione, Università, Acer e Fondazione Innovazione Urbana, un’assemblea pubblica sulla casa.
Dato l’alto numero di adesioni, pari a 56 realtà cittadine tra associazioni studentesche, sindacati degli inquilini, piccoli proprietari immobiliari e costruttori, l’iniziativa si svolgerà in tre sessioni, di cui la prima va in scena proprio oggi.
Lo scopo è quello di mettere a confronto chi si occupa o è investito del problema abitativo a Bologna per individuare soluzioni e rimodulare anche le politiche abitative cittadine.
Le occupazioni abitative e il riutilizzo delle ex caserme
A presentare l’assemblea è stata la vicesindaca con delega alla Casa Emily Clancy, che ha risposto ai giornalisti anche sul tema delle occupazioni abitative nate in città, come quella di via Raimondi e quella di via Borgolocchi.
«La situazione di via Raimondi è all’attenzione dell’Amministrazione – spiega Clancy – Stiamo valutando la situazione abitativa delle persone che si trovano lì dentro». In ogni caso quell’edificio è già destinato alle politiche abitative, in particolare per la creazione di alloggi di transizione, attraverso un progetto finanziato dal Pnrr.
Clancy però riferisce che i temi posti dagli occupanti, come l’autorecupero, sono al centro del confronto con diversi soggetti in città.
Anche a Bologna, però, si sta allargando la fascia grigia delle persone che non hanno i requisiti per accedere alla case popolari, ma che non riescono a sostenere il peso delle locazioni sul mercato immobiliare.
L’emergenza stringente sta facendo immaginare anche soluzioni diverse da quelle già viste fino ad oggi, come ad esempio l’utilizzo delle ex caserme o di immobili di enti statali da destinare a studentati o a casa di edilizia sociale. Questa è una delle cinque proposte della “alleanza municipalista”, un gruppo di una decina di amministrazioni cittadine a livello nazionale che hanno avanzato al governo.
«Finora non ci è stata data risposta dal governo – evidenzia Clancy – ma sono in corso interlocuzioni con la ministra Bernini e anche con la ministra Santanché per la regolamentazione degli affitti turistici».
Lo sfratto del Pilastro: la replica di Clancy
Nel corso dell’incontro coi giornalisti, però, Clancy ha commentato anche lo sfratto avvenuto ieri al Pilastro con l’utilizzo della forza pubblica. La vicesindaca non ci sta alla ricostruzione di Asia Usb, che ha sostenuto che all’inquilino sgomberato non fossero state offerte soluzioni alternative. «È una persona che da dieci anni non pagava il canone – ha detto Clancy – e che impediva anche l’accesso nell’alloggio per le manutenzioni necessarie anche a non danneggiare altri alloggi».
Clancy si è detta «preoccupata per l’utilizzo strumentale di un caso di disagio abitativo». E ha invitato i soggetti «che vogliano produrre una discontinuità anche nelle politiche per l’abitare a farlo nelle sedi opportune».
Clancy poi critica aspramente, senza citarla, Asia Usb: «Consigliare a una persona di rifiutare una soluzione che era adatta alle sue esigenze pur di portare avanti una protesta politica strumentalmente contro l’amministrazione non fa fare un passo avanti né al soggetto, né a mio avviso al collettivo».
ASCOLTA L’INTERVISTA A EMILY CLANCY: