Il Comune di Bologna risponde al problema dell’emergenza abitativa, riesploso dopo la pandemia, presentando il proprio Piano dell’Abitare. Una serie di interventi e strategie, di concerto con le parti sociali, che hanno l’obiettivo di realizzare 3000 nuovi alloggi entro il 2030 per rispondere ai bisogni abitativi in città, di cui 1500 a carico dello stesso Comune e i restanti a carico di altri enti pubblici o privati. Ulteriori 2000 alloggi potranno poi essere realizzati insieme a Regione, Ateneo e privati grazie alla legge regionale sull’attrattività dei talenti.
È la vicesindaca con delega alla Casa, Emily Clancy, ad aver presentato il piano questa mattina, all’interno dell’iniziativa “Abitare, Salute e Conoscenza per la Grande Bologna” all’Opificio Golinelli.

Casa, il Piano dell’Abitare del Comune di Bologna

Oltre 200 i milioni di euro previsti per il Piano dell’Abitare, risorse che la stessa vicesindaca definisce «inedite» nel recente passato.
Il piano, molto articolato, si compone di 5 strategie, che vanno dalla realizzazione di nuovi poli per l’affitto, passando per nuove forme di abitare e la ristrutturazione del patrimonio Erp, arrivando alla governance del mercato immobiliare per ciò che concerne la locazione e all’attrazione e il trattenimento di talenti.
La prima strategia viene definita dei “tre poli“. Attraverso risorse proprie o del Pnrr, il Comune ha intenzione di realizzare nuovi alloggi al Lazzaretto (280 alloggi, di cui 82 riservati agli studenti, con un investimento di 40 milioni di euro per dare casa complessivamente a 600 persone), all’ex Scalo Ravone (130 alloggi di cui la metà realizzati dal Comune con un investimento di 11 milioni di euro) e all’ex caserma Stamoto.

La seconda strategia punta a incrementare l’abitare collaborativo, attraverso il cohousing o condomini solidali che, oltre che alla casa, rispondono a bisogni sociali. Sono 5 gli interventi previsti: in via Fioravanti 24, all’ex clinica Beretta, in via Capo di Lucca 22, in via Barontini 17 e a Villa Celestina.
La terza strategia prevede la rigenerazione degli alloggi di Edilizia Residenziale Pubblica (Erp) e si articola in 3 azioni. Da un lato l’obiettivo di arrivare a sfitto zero, attraverso 600 ristrutturazioni per un investimento di 12 milioni di euro, dall’altro il contrasto alla povertà energetica, con l’efficientamento grazie al Superbonus 110% e alla produzione di energia. Infine il contrasto alle disuguaglianze.

La quarta strategia riguarda la governance del sistema abitativo. Per questo punto il Comune di Bologna conta di investire 6 milioni di euro per l’Agenzia Sociale per l’Affitto, ma anche di facilitare l’attuazione di interventi edilizi che aumentino la quantità di edilizia sociale prevista dai piani urbanistici e il monitoraggio del mercato dell’affitto con l’Osservatorio del sistema abitativo.
Infine la quinta strategia riguarda l’attrazione e il trattenimento dei talenti.

ASCOLTA UN ESTRATTO DELL’INTERVENTO DI EMILY CLANCY:

L’accordo con i sindacati e l’alleanza di tutti i soggetti

Nel suo intervento Clancy ha sottolineato che il Comune non può essere l’unico soggetto ad affrontare il tema della casa. Per questo, in sede Anci, una serie di Comuni italiani sta facendo squadra per rappresentare al governo nazionale le proprie esigenze.
Allo stesso modo, nel territorio cittadino Palazzo D’Accursio chiede il coinvolgimento di altri soggetti, come l’Università, il Demanio, ma anche le parti sociali.
In questo senso va l’accordo per la coesione sociale firmato lunedì scorso dal sindaco Matteo Lepore e dai segretari di Cgil, Cisl e Uil.

Ai nostri microfoni Michele Bulgarelli, segretario della Cgil di Bologna, esprime soddisfazione per l’accordo sottoscritto sul Comune e in particolare si sofferma su un’azione che prevede che la partecipazione economica delle imprese per la costituzione di un fondo dedicato proprio alla questione abitativa.
«Cinquant’anni fa, il 30 marzo 1973 – ricorda Bulgarelli – Cgil, Cisl e Uil sottoscrissero un accordo col Comune di Bologna per trasporti pubblici, asili e alloggi popolari. Era la stagione che poi avrebbe portato alla questione dell’1% sociale, cioè al fatto che i sindacati impegnavano le singole aziende a destinare una quota di risorse economiche per i servizi pubblici. Oggi si parla di responsabilità sociale d’impresa, cambia il linguaggio, ma siamo di fronte alla necessità che le imprese che investono a Bologna si facciano carico di un bisogno sociale».

ASCOLTA L’INTERVISTA A MICHELE BULGARELLI: