Una delle novità della riforma scolastica è un premio economico per i docenti più meritevoli. 23mila euro ad istituto scolastico che vengono ripartiti con criteri che stabilisce un comitato, ma con il potere di veto del dirigente scolastico. Senza regole certe sui criteri di merito, però, c’è il rischio che vengano premiati solo i docenti più obbedienti. Oggi comincia il contestato concorsone per 64mila docenti.

Le polemiche attorno alle novità introdotte dalla cosiddetta Buona Scuola, la riforma del governo Renzi, non sono finite. Mentre oggi prendono il via le prove del contestato “concorsone” che dovrà assegnare 64mila cattedre, in questi giorni si stanno manifestando malumori per uno dei nuovi strumenti introdotti dalla riforma: il premio economico ai docenti più meritevoli.
Si tratta di 23mila euro lordi a disposizione di ciascun istituto scolastico da ripartire tra gli insegnanti ritenuti più bravi. Il problema, però, è chi decide chi e perché è più meritevole.

“Questa novità contenuta nella riforma – spiega ai nostri microfoni Giovanni Cocchi, estensore della Lip, la legge di iniziativa popolare per una scuola della Costituzione – rappresenta uno dei due pilastri dell’estremo potere conferito ai dirigenti scolastici, insieme alla chiamata diretta dei docenti, ed è un potenziale pericolo alla libertà d’insegnamento“.

I criteri sulla base dei quali stabilire perché un docente è meritevole non sono forniti dal Miur, ma da un Comitato per la valutazione dei docenti, composto da membri del Collegio Docenti e del Consiglio di Istituto, che però ha solo potere consultivo. L’ultima parola, infatti, spetta comunque al dirigente scolastico, che ha la facoltà di non tenere conto dei criteri individuati per assegnare il premio. In quest’ultimo caso deve semplicemente fornire una motivazione scritta.

Lo strapotere del dirigente scolastico anche nella premiazione dei docenti più meritevoli, dunque, potrebbe rappresentare uno strumento di omologazione degli insegnanti, poiché potrebbero essere premiati solamente quelli più obbedienti o che utilizzano metodi di insegnamento più graditi al dirigente.
“Un docente sindacalizzato, un docente che parla di accoglienza in un territorio a forte vocazione leghista, l’insegnamento delle differenze di genere o dell’evoluzionismo più che del creazionismo potrebbero essere discriminati”, spiega Cocchi facendo alcuni esempi.

Il sistema di valutazione del merito introdotto dalla Buona Scuola è stato contestato in alcuni istituti, per iniziativa del sindacato Unicobas cui si è aggregata la Flc Cgil. I docenti hanno rifiutato di nominare i propri componenti nel Comitato di valutazione e ne è nato un contenzioso col Ministero.
In alcune scuole, inoltre, si è optato per la definizione di criteri quantitavi più che qualitativi, decidendo di premiare i docenti che passano più ore a scuola o che sono più coinvolti nelle attività scolastiche.

“Sia chiaro che noi non siamo contrari alla valutazione degli insegnanti – sottolinea Cocchi – ma crediamo che lasciare questa al dirigente scolastico, che non è una persona terza ma un diretto superiore dei docenti valutati, e che ormai svolge funzioni burocratico-amministrative non andando quasi più nelle classi e non conoscendo le materie dei docenti per poterli valutare, non sia un buon metodo”.