Ci siamo: dal 16 gennaio si fa sul serio con Bologna Città 30. Da martedì, infatti, entrano in vigore le ordinanze per il rispetto del nuovo limite di velocità a 30 km/h su moltissime strade, soprattutto nel centro cittadino e con esse i controlli e le eventuali multe ai trasgressori.
Il Comune di Bologna ha fatto sapere che non ci saranno autovelox fissi sulle strade a 30 km/h, ma solo su quelle a 50. I controlli, in particolare, in una prima fase si concentreranno soprattutto attorno a zone considerate sensibili, come le piazze scolastiche.

Bologna Città 30: cominciano i controlli, ma la rivoluzione crea ancora preoccupazione

L’obiettivo, dichiarato a più riprese dall’Amministrazione, è quello di aumentare la sicurezza stradale, per giungere auspicabilmente ai «zero morti in strada», come sintetizzato dal sindaco Matteo Lepore.
Il progetto Bologna Città 30, però, non si limita ad un abbassamento della velocità. Per agevolare il rispetto dei limiti e favorire la mobilità delle categorie più fragili, infatti, sono previsti interventi sul design stradale, come quelli in viale Oriani e in altre strade cittadine.

Formalmente dichiarata lo scorso giugno, la reale Città 30 ha vissuto sei mesi di limbo, necessari sia per cambiare la segnaletica nelle strade cittadine, sia per abituare gli abitanti di Bologna alla novità.
In queste settimane, però, non sono mancate le voci critiche o preoccupate. A partire dai test effettuati dagli autisti di Tper non senza problemi. Secondo la Filt-Cgil, ad esempio, se realmente tutti gli autobus rispettassero i nuovi limiti le corse del trasporto pubblico subirebbero sensibili ritardi, minando la qualità del servizio. Ugualmente preoccupati sono i tassisti, che vedono ostacolato il proprio lavoro. Critico è stato anche Mauro Sorbi, presidente dell’Osservatorio sulla sicurezza stradale, che prima della pausa natalizia aveva chiesto di posticipare l’entrata in vigore delle sanzioni.

Questi mesi, però, sono anche serviti al Comune di Bologna per tastare il polso della cittadinanza, per raccogliere osservazioni e per capire su quali aspetti concentrare la comunicazione in merito alla rivoluzione nella mobilità cittadina.
Il sondaggio effettuato dal Comune, a cui ha partecipato la cifra record di 20mila persone, ha mostrato che le cittadine e i cittadini bolognesi sono mediamente aperti al cambiamento, specie se per il nobile intento di ridurre i morti in strada, ma chiedono che venga potenziato il sistema del trasporto pubblico e altre accortezze per non rendere un inferno la vita di chi si deve spostare per lavoro o altre esigenze.

A questo punto, alla vigilia dell’effettiva entrata in vigore di Bologna Città 30, può essere utile ascoltare le testimonianze degli abitanti di altre città europee che hanno già vissuto questo passaggio. In questo modo ci si può fare un’idea più precisa sul come e perché la Città 30 abbia o meno funzionato, su quali sono gli elementi della mobilità cittadina che possono segnare il successo o l’insuccesso dell’operazione, come sia stata presentata e introdotta la rivoluzione nelle altre città europee e se siano stati necessari interventi successivi che abbiano corretto il tiro rispetto all’idea iniziale.
Per questa ragione abbiamo intervistato abitanti delle principali Città 30 d’Europa.

Barcellona, la Città 30 abituata a scelte drastiche senza ripensamenti

La “capitale” della Catalogna, Barcellona, è diventata Città 30 ormai tre anni fa, a cavallo tra il 2020 e il 2021. La sindaca Ada Colau ha fortemente voluto questo provvedimento, forte anche di sperimentazioni su alcuni quartieri della città avvenuti nei decenni precedenti.
A raccontare Barcellona Città 30, ai nostri microfoni, è Paolo Ferri, che vive nella città da 15 anni e nella vita si occupa proprio di mobilità.
L’esperimento, nella testimonianza di Ferri, può dirsi riuscito e le ragioni possono essere individuate in un mix di elementi. Anzitutto Barcellona ha un sistema di trasporto pubblico molto efficiente, anche grazie alla presenza della metropolitana. La distribuzione urbana che caratterizza la Spagna, con la concentrazione delle persone in grandi città, a differenza del “Paese di paesi” che sembra essere l’Italia, di certo aiuta su questo versante.

Ulteriori elementi sono la determinazione dell’Amministrazione pubblica a dare seguito ai progetti, la ridefinizione del design delle strade, che agevola la mobilità dolce e penalizza l’utilizzo dell’auto privata e severi controlli che garantiscono che i limiti di velocità vengano rispettati.
Il progetto di Barcellona, però, non si è concentrato solo sulla velocità. Gli interventi hanno riguardato anche i parcheggi per le auto, concentrati solo in alcune strade. Il risultato è che le vie sono tornate ad animarsi di pedoni e anche di bambini che giocano in strada.

ASCOLTA LA TESTIMONIANZA DI PAOLO FERRI:

Parigi, la prossima tappa: vietare i suv in centro

Anche la capitale francese, dall’agosto del 2021, è ufficialmente una Città 30. In realtà, prima del provvedimento, il 60% delle strade cittadine aveva già quel limite di velocità. Prima di estenderlo a tutta la città, però, Parigi ha consultato i suoi abitanti. Nel sondaggio del 2020, infatti, è stato il 59% dei parigini a dirsi favorevole alla riduzione.
La misura era già contenuta nel programma elettorale della sindaca Anne Hidalgo, che ha dovuto fronteggiare le lamentele di automobilisti e tassisti. Questi ultimi hanno denunciato un aumento dei tempi di percorrenze di quasi 15 minuti.

Ai nostri microfoni Lorenzo Battisti spiega il contesto estremamente diverso tra l’organizzazione e le dimensioni di Parigi rispetto a quelle di Bologna. Un dato su tutti: il 70% dei parigini non ha l’auto. Ad essere più colpite dal nuovo limite di velocità, in particolare, sono due categorie: gli autisti di Uber, che non hanno tariffe che cambiano con i tempi di percorrenza, e gli artigiani che provengono da fuori città.
La misura è stata generalmente ben accolta dalla popolazione, che presto sarà chiamata a dire la propria in una consultazione per limitare l’accesso al centro da parte dei suv.

ASCOLTA LA TESTIMONIANZA DI LORENZO BATTISTI:

Amburgo, 30 km/h da trent’anni

Il legame tra Amburgo e i 30 km/h ha una storia lunga. Le prime zone con quel limite di velocità, infatti, risalgono al 1983. Nel 2011 le zone sono state incrementate e, oltre alla questione della sicurezza stradale, nella città anseatica è stato utilizzato anche l’argomento dell’inquinamento acustico.
Più in generale, però, Amburgo ha in progetto fin dal 2014 di diventare una città senza auto entro vent’anni.

A raccontare com’è vivere in una Città 30 come Amburgo è Cecilia Pierotti. Nei suoi sei anni di residenza nella città tedesca ha preso un sacco di multe per eccesso di velocità, quindi la risposta alla domanda se i limiti vengano fatti rispettare è senza dubbio affermativa.
A contribuire a ridurre la velocità e a scoraggiare l’uso dell’auto, però, non è solo il limite a 30 km/h o gli autovelox. Il grande numero di semafori, la scarsità di parcheggi, i marciapiedi molto larghi e confortevoli per i pedoni e un trasporto pubblico efficiente fanno sì che molti cittadini non abbiano nemmeno l’auto. A questo va aggiunta una maggiore predisposizione dei tedeschi al rispetto delle regole.

ASCOLTA LA TESTIMONIANZA DI CECILIA PIEROTTI:

Bruxelles, una rivoluzione preparata da tempo

Capitale del Belgio e sede delle istituzioni europee, Bruxelles è diventata Città 30 nel 2021. Probabilmente il passaggio è stato agevolato dalla ricca rete di trasporti pubblici, che comprende autobus (50 linee), treno (con 35 stazioni), metropolitana (59 stazioni) e tram (19 linee). Il tasso di motorizzazione della città è di 476 auto ogni 1000 abitanti mentre, per fare un confronto, nella Città Metropolitana di Bologna è di 613 auto.
Per la capitale belga sono disponibili anche i primi risultati della Città 30. Nel primo anno di introduzione, gli incidenti stradali mortali si sono dimezzati, mentre gli incidenti gravi sono calati del 20%. Anche il rumore è calato tra gli 1,5 e i 4,8 decibel.

A raccontare ai nostri microfoni la “Ville 30” di Bruxelles sono Eleonora e Martino Serapioni. Ciò su cui si concentrano le testimonianze sono, da un lato, la “preparazione” della misura, di cui si è cominciato a discutere due anni prima e per la quale è stata svolta una campagna di comunicazione, dall’altro l’inserimento della Città 30 all’interno di politiche ben più ampie che scoraggiano l’utilizzo dell’auto privata, attraverso il design stradale e la disposizione di sensi unici “a chiocciola”. In generale, il limite di velocità nella capitale belga viene rispettato, anche per ragioni culturali e per i numerosi autovelox.

ASCOLTA LA TESTIMONIANZA DI ELEONORA:

ASCOLTA LA TESTIMONIANZA DI MARTINO SERAPIONI:

Amsterdam, dove gli automobilisti sono anche ciclisti

Ad anticipare di poco Bologna nell’adozione della Città 30 è stata Amsterdam, che ha ufficializzato il provvedimento lo scorso 8 dicembre. La capitale olandese è famosa in tutto il mondo per essere una città delle biciclette e i nuovi limiti di velocità valgono anche per loro.
Le strade contraddistinte dai 30 km/h sono circa l’80% di tutta la rete viaria della città.

Anche per la capitale olandese la misura della Città 30 va inserita in un contesto, i cui ingredienti sono gradualità dell’introduzione, politiche per disincentivare l’utilizzo del mezzo privato a motore (come la riduzione dei parcheggi), trasporto pubblico capillare e il fatto che, come sintetizza ai nostri microfoni il direttore di 31mag Massimiliano Sfregola, ad Amsterdam tutti gli automobilisti sono anche ciclisti.

ASCOLTA LA TESTIMONIANZA DI MASSIMILIANO SFREGOLA: