Arriva la disposizione di arresti domiciliari per cinque attivisti di Hobo, rei di aver contestato il ministro Madia durante l’inaugurazione della Spisa dello scorso 12 dicembre. Un altro corpo inferto contro il collettivo, che nelle ultime settimane, oltre alle manganellate alla festa dell’Unità (e alle relative denunce), ha vissuto l’allontanamento forzato di due militanti, destinatari di divieto di dimora.

Dopo i divieti di dimora a Loris e Parvis, arriva l’ennesimo scacco della Procura contro Hobo. Ieri mattina stati notificati gli arresti domiciliari a cinque attivisti del collettivo. Si tratta di Francesco, Francesca, Gigi, Ivan e lo stesso Parvis.
I fatti contestati si riferiscono alle contestazioni al ministro Marianna Madia durante l’inaugurazione della Spisa dello scorso 12 dicembre.

Chi ha buona memoria ricorderà come, in quell’occasione, le forze dell’ordine non lesinarono energie nel manganellare i manifestanti. Celebri le immagini del funzionario in borghese che, dalla primissima fila, manganellò a tutto spiano gli attivisti, causando peraltro diversi contusi e qualche frattura. Per quei fatti il sindaco Merola parlò di “teppisti” e invocò persino il reato di associazione a delinquere .

Le misure cautelari arrivano dopo settimane in cui Hobo è stato al centro dell’attenzione politica e giudiziaria. Alla festa dell’Unità in Montagnola, le contestazioni al ministro Poletti prima, e a Matteo Renzi nell’ultimo giorno della kermesse, procurarono agli attivisti più di una testa rotta dai manganelli. Nel caso della contestazione a Renzi la Procura rispose con 13 denunce , di cui otto agli attivisti di Hobo e cinque a Tpo e Làbas. I reati contestati – dalla Spisa alla Montagnola – sono i soliti: resistenza, danneggiamento e getto pericoloso di oggetti.

Qualcosa, però, si è mossa anche in senso contrario. Dopo i divieti di dimora a Loris e Parvis, ha preso vita la campagna #LibertàDiDimora , che ha già visto, oltre a quella di Zerocalcare, l’adesione di centinaia di persone. E che, scommette Hobo, non farà che crescere dopo i fatti di ieri.

Il collettivo parla anche di “giustizia a orologeria”, e con buona pace di quanti saranno infastiditi dall’ennesima occasione in cui l’espressione viene utilizzata, risulta difficile credere che le misure notificate non rispondano al tentativo di indebolire il collettivo – e tutte le realtà di lotta e movimento – secondo una tabella di marcia ben precisa. Da parte di Hobo, però, la reazione è chiara: “questo avviene ai tempi del partito unico della nazione di Renzi”, comunicano gli attivisti, che rilanciano “se pensano con queste misure di intimorire i percorsi di lotta, si sbagliano di grosso”.