Lo sgombero del Laboratorio Crash, avvenuto ieri in concomitanza con quello di Làbas, potrebbe non avere i presupposti legali. Lo sospetta l’avvocata Marina Prosperi, legale degli attivisti, che sottolinea come le sia stato negato di visionare l’atto che ha giustificato lo sgombero, mentre l’ufficiale giudiziario aveva rinviato a settembre la restituzione dell’immobile. La ricostruzione della vicenda.

La legalità è stata ripristinata“. Queste le dichiarazioni, secondo quanto riportato oggi dai quotidiani cittadini, del prefetto di Bologna Matteo Piantedosi. Il tema della legalità, dunque, rimane il dogma ufficiale con quale si è operato anche ieri nello sgombero del Laboratorio Crash e di Làbas.
Grattando un po’ sotto la superficie delle dichiarazioni ad effetto, però, si rischia di scoprire una verità un po’ diversa, dove la legalità non verrebbe sempre pedissequamente rispettata dai suoi sostenitori.

La vicenda del Circolo Arci “Guernelli”, del resto, ce lo aveva suggerito: lo spazio è stato di fatto sgomberato senza alcuna notifica, nonostante fosse prevista dall’ordinanza del sindaco e nonostante il circolo fosse in possesso di una regolare convenzione.
La devastazione nel circolo, operata dalle forze dell’ordine con lo sfondamento di 18 porte giustificate con una presunta fuga di gas, il saccheggio di incassi e consumazione di bevande, restano ben al di fuori dei criteri della legalità giuridica.

Ai nostri microfoni, l’avvocata Marina Prosperi, legale di Crash, ricostruisce la vicenda giudiziaria sullo stabile di via della Cooperazione e pone forti dubbi sulla legittimità dell’intervento di ieri.
Su Crash non pendeva alcun sequestro penale – ricorda Prosperi – Il processo di ormai quattro anni fa per occupazione si è concluso con delle assoluzioni. La società Prelios, proprietaria dell’immobile, ha quindi richiesto un provvedimento civile per la restituzione dell’immobile, che le è stato accordato nel 2013 dal Tribunale Civile”.

Da allora, però, la società non si era attivata dal punto di vista esecutivo. Nell’ultimo anno, invece, è arrivato un atto di esecuzione civile e più volte l’ufficiale giudiziario si è recato presso Crash per eseguire la restituzione dell’immobile.
Il 25 luglio scorso, tuttavia, attraverso un accordo tra le parti, quindi con l’approvazione della proprietà, è stato richiesto (e accordato) all’ufficiale giudiziario il rinvio a settembre della restituzione dell’immobile. Contestualmente è stato anche aperto un tavolo con la Prefettura per individuare possibili soluzioni alternative, dal momento che Crash si è detta disponibile alla restituzione.

Questo è quanto accaduto fino alla giornata di ieri, quando le forze dell’ordine hanno eseguito lo sgombero. Ed è qui che si registra un piccolo giallo.
Nessuno ha comunicato che provvedimento legale ha consentito l’operazione – sottolinea l’avvocata – Personalmente mi sono attivata presso un funzionario della Digos presente in loco, che mi ha rassicurata sulla comunicazione del provvedimento. Successivamente, però, tramite un messaggio mi ha comunicato di avere ferree disposizioni di non dare il provvedimento a nessuno“.

Perché il provvedimento deve restare top secret? È la domanda che Prosperi si è posta. Per avere una risposta ha presentato un’istanza alla Procura per avere una copia del verbale di esecuzione.
Allo stato attuale, finché non verrà comunicato il provvedimento che ha consentito lo sgombero, il dubbio della legale è che non abbia basi giuridiche.
“Un sequestro ordinato a 9 anni dall’occupazione, con l’assoluzione degli imputati mi sembra improbabile”, osserva Prosperi, che non manca di osservare anche la concomitanza dello sgombero di Làbas, alquanto irrituale.

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