Col pretesto del fallito golpe, la Turchia ha intensificato la repressione del popolo curdo. L’invasione della Siria da parte di Ankara intensifica la guerra civile e, insieme all’Isis, schiaccia i curdi tra due fuochi. L’accordo sui profughi con l’Ue fa il gioco di Erdogan e impedisce l’arrivo di aiuti umanitari. Domani a Roma la manifestazione in sostegno del Kurdistan.

Manifestazione a sostegno dei curdi

La stampa italiana e internazionale li aveva celebrati come eroi, unici effettivi baluardi contro l’avanzata dello Stato Islamico, ma sui combattenti dello Ypg e Ypj, da qualche tempo, sembra calato il silenzio mediatico. Un silenzio che arriva proprio quando, dopo il fallito golpe in Turchia, il governo di Ankara ha colto il pretesto per intensificare la repressione del popolo curdo.
I numeri del repulisti di Erdogan fanno impressione e colpisce accademici, insegnanti, giornalisti, magistrati, militari, medici, amministratori e impiegati statali invisi al regime: 90mila tra licenziamenti e rimozioni, 30mila arresti, chiusura di giornali, stazioni radio-televisive, centri di cultura e sedi di partito. E coprifuoco imposto soprattutto nelle zone a maggioranza curda.

L’invasione turca del nord della Siria, poi, sta peggiorando una situazione già di per sè complicata e delicata. Il 24 agosto scorso, infatti, l’esercito turco ha invaso la città di Jarablus con il pretesto di combattere il terrorismo e lo Stato Islamico. Gli attacchi dell’esercito turco, però, non sono diretti contro Isis, ma contro le Forze Democratiche Siriane (SDF), esclusivamente ai danni dell’insorgenza liberatrice curda nei territori del Rojava.
L’effetto è un aumento del caos e della guerra civile, che crea nuovi rifugiati e nuovi disastri umanitari.

Ciò avviene nel totale silenzio della comunità internazionale, in particolare di Stati Uniti ed Europa, che al contrario stanno fornendo sostegno alla Turchia. In particolare, con l’accordo sulla gestione dei profughi, l’Ue ha consegnato nelle mani di Erdogan il potere del ricatto. Una delle conseguenze più drammatiche è che a varcare il confine tra Turchia e Siria non possono essere nemmeno i convogli umanitari, che vorrebbero portare aiuti alle popolazioni piegate dalla guerra.

Il popolo curdo, dunque, si trova schiacciato fra due fuochi, che lo prendono entrambi come obiettivo: da un lato lo Stato Islamico, dall’altro l’esercito turco. Il risultato che potrebbe prodursi è la cancellazione dell’esperimento socio-politico che si stava realizzando nel Rojava, dove coesistono pacificamente e nel rispetto reciproco popoli e fedi religiose diverse tra loro: assiri, siriani, armeni, arabi, turcomanni.

Per opporsi a questa situazione, domani a Roma si svolgerà una manifestazione, che partirà alle 14 da Porta Pia e a cui parteciperanno non solo le associazioni curde in Italia, ma tante altre realtà che hanno aderito all’appello. Da Bologna, in particolare, partirà un pullman organizzato da YaBasta.