«Il 25 novembre è la giornata internazionale per il contrasto alla violenza contro donne. Ma la violenza di genere colpisce le donne tutti i giorni», scrivono in una nota il Coordinamento dei centri antiviolenza dellEmilia-Romagna e la Casa della Donne di Bologna. La pandemia in corso sta però accrescendo le difficoltà che, già in un contesto non di crisi, ostacolano la lotta alla violenza di genere

Violenza alle donne: i dati dell’Emilia Romagna

Oggi, 25 novembre è la Giornata mondiale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Una giornata che cade però, questa volta, in un anno particolarmente difficile, il 2020. La pandemia da Coronavirus sta infatti mettendo a dura prova non solo la tenuta economica del Paese, ma anche la sua tenacia nel combattere discriminazioni e violenze di genere. «Per quanto riguarda le richieste di aiuto ai centri – scrive in una nota il Coordinamento dei centri antiviolenza dellEmilia-Romagna – i dati raccolti dal 01/01/2020 al 31/10/2020 mostrano che la pandemia ha avuto un effetto negativo sull’accesso ai percorsi di fuoriuscita dalla violenza».

Elsa Antonioni, vice presidente della Casa delle Donne di Bologna, intervenendo in una commissione consiliare dedicata agli ultimi dati della violenza sulle donne e sui servizi di contrasto, in merito alla situazione bolognese ha spiegato che: «dopo una flessione dei contatti all’inizio del primo lockdown, i numeri si stanno allineando con quelli dello scorso anno. Dall’inizio dell’anno fra donne che sono rientrate (142) e 502 donne nuove, abbiamo avuto 744 donne che ci hanno contattato, di cui circa il 45% prosegue con più di due colloqui».

L’analisi condotta dal Coordinamento dei centri antiviolenza dell’Emilia-Romagna ha riportato infatti che «dopo anni di crescita costante, infatti, quest’anno si attesta per la prima volta una diminuzione delle donne accolte dell’8% circa, con una lieve variazione a seconda che si considerino gli accessi di tutte le donne che hanno subito violenza (-7%) o esclusivamente gli accessi di donne che hanno subito violenza e che si sono rivolte a un centro per la prima volta (- 8,4%)».

Anche Angela Romanin, presidentedel Coordinamento dei Centri Antiviolenza dell’Emilia Romagna e socia della Casa delle Donne, ha raccontato come, nonostante le numerose difficoltà disseminate dal Coronavirus, il lavoro dei centri anti violenza non si è fermato, nel tentativo di garantire assistenza e protezione anche in un momento delicato come quello del primo lockdown. «Nel periodo del lockdown – spiega Romanin – tutti i centri anti violenza, sia a livello italiano che emiliano-romagnolo, hanno notato un drastico calo delle nuove richieste di aiuto, cioè donne che per la prima volta chiedevano aiuto». Come riporta l’analisi condotta dal Coordinamento dei centri antiviolenza dell’Emilia-Romagna, «le nuove richieste di aiuto risultano del tutto simili a settembre (257 nel 2020 contro le 254 del 2019) per tornare a diminuire a ottobre (-20%)».

I dati dell’ospitalità di emergenza sono invece, come spiega Antonioni, aumentati rispetto allo scorso anno. In data 31 ottobre 2020 si contavano infatti 121 ospitalità tra donne e minori, contro le 110 dell’intero anno 2019.

Il nuovo dato allarmante sembra essere però quello relativo alle più giovani: «ho visto un aumento di ragazze giovani, universitarie, che hanno subito violenza sessuale da persone conosciute o anche sconosciuti. Rispetto alla denuncia, molte sono situazioni denunciate mentre altre no, perché magari dichiarate molto tempo dopo quando non ci sono più possibili riscontri».

A non calare sono state anche le richieste di aiuto da parte di donne in situazioni di emergenza, ovvero donne che presentavano l’assoluta necessità di allontanarsi dalla situazione che stava vivendo. In crescita sono state poi anche le chiamate al numero verde 1522, la linea nazionale per le donne vittime di violenza e stalking, che in Emilia-Romagna infatti, tra il primo marzo e il 16 aprile 2020, hanno registrato un aumento del 78%.

L’analisi del Coordinamentoha inoltre fotografato il cambiamento della composizione demografica delle donne che hanno chiesti aiuto in riferimento ai mesi di marzo e aprile 2020, rispetto agli stessi mesi del 2019: «le donne senza figli/e +7%, le conviventi (sono il 25% nel 2020, erano il 18% nel 2019); e la percentuale di coloro che convivono abitualmente con il partner, (sono il 56% nel 2020, erano il 47% nel 2019). Nel contesto pandemico quindi sembrano aver avuto più opportunità di chiedere aiuto le donne senza figli/e, che non avevano la preoccupazione di diventare veicolo di contagio per altri/e, né di provvedere materialmente e di dare un tetto ad altri oltre che a sé stesse. D’altra parte, non sorprende l’aumento delle donne conviventi, vista la condizione di isolamento forzato all’interno delle mura domestiche».

Aspetto non marginale per comprendere il peso che questa pandemia ha avuto sulla lotta alla violenza contro le donne è quello legato alla quarantena forzata imposta durante la fase 1. Già nei primi momenti del lockdown si era infatti assistito ad un acceso dibattito sul messaggio “Restiamo a casa” e su chi potesse davvero rimanerci in condizioni di sicurezza. «È intuitivo riconoscere che – spiega Angela Romanin – essendo la violenza esercitata attraverso un controllo sulla partner, quando si era chiusi in casa è stato difficile per le donne riuscire a ricavarsi un momento sicuro per chiedere aiuto». Proprio legato al concetto di controllo e di ostacolo rappresentato dal lockdown anche un’altra categoria di donne, spesso dimenticata, ha sofferto le conseguenze della pandemia, quella delle donne disabili soggette a violenza domestica. Sara Carnovali, dottoressa di Ricerca in Diritto costituzionale durante la conferenza “Quali diseguaglianze” organizzata dall’associazione Una città con te ha infatti spiegato come «le donne con disabilita rispetto a quelle che non hanno disabilità subiscono un rischio di violenza da 2 a 5 volte maggiore».

Non bisogna infine dimenticare come la lotta contro la violenza si combatta anche dentro le aule dei tribunali. Tribunali che, come spiega Angela Romanin, hanno subito forti rallentamenti nei ritmi lavorativi, che hanno inevitabilmente finito per gravare anche sulle attività di assistenza alle donne vittime di violenza, ma che hanno comunque continuato a garantire lo svolgimento di tutte le pratiche legali riguardanti situazioni di emergenza, per assicurare alle donne assistenza e protezione.

Francesca Chiamenti

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