Sono passati oltre trent’anni dalla scia di sangue e crimini lasciati a Bologna, in Emilia-Romagna e nelle Marche dalla famigerata banda della Uno Bianca. 103 crimini, come rapine a mano armata e stragi, che gettarono il territorio nel terrore per sette anni da parte di criminali che sembravano incatturabili.
Tutto cambiò nel novembre del 1994, quando venne arrestato l’assistente capo di polizia Roberto Savi. In seguito alle indagini si svolsero processi che si conclusero con le condanne di Alberto, Roberto e Fabio Savi, Marino Occhipinti, Pietro Gugliotta e Luca Vallicelli.

A trent’anni di distanza uno spettacolo-inchiesta ricostruisce le fasi salienti di quei momenti, ripropone testimonianze, analizza le carte processuali, ma soprattutto pone dubbi e interrogativi. Si tratta di “Uno Bianca Reload”, una pièce in tre atti di Paolo Soglia e Donatella Allegro, che andrà in scena venerdì 27 gennaio, alle ore 21.00, al Candilejas di via Bentini a Bologna.

Lo spettacolo-inchiesta sulla banda della Uno Bianca

“Il peccato originale”, “Armi, opere, omissioni” e “Il giorno del giudizio” sono i titoli dei tre atti di “Uno Bianca Reload”. Lo spettacolo-inchiesta è tratto dalle sei videoinchieste pubblicate su youtube sul canale “Countdown – Storie da vivo” ad opera dello stesso Soglia.
Nella traduzione scenica verrà raccontata la storia del depistaggio e di tutti gli indizi e le soffiate che sin dal 1988 portavano dritti alla banda dei poliziotti killer e che vennero sistematicamente ignorate.

«L’idea era quella di rivalorizzare del materiale praticamente inedito che avevamo raccolto con la redazione di Radio Città del Capo – spiega l’autore e giornalista ai nostri microfoni – Da lì ho aggiunto altre considerazioni e, in un anno di lavoro, ho risentito i granti testi del processo, incontrato poliziotti, carabinieri, magistrati allo scopo di fare emergere tutta una serie di dubbi, e sono tantissimi, che avvolgono ancora una delle storie più tragiche e clamorose che ha insanguinato Bologna».

Soglia, dunque, precisa che la sua inchiesta non fa chiarezza, ma solleva dubbi e interrogativi. E tra gli spunti ripresi dal giornalista c’è la testimonianza di un armaiolo che, dopo la rapina e un duplice omicidio in via Volturno, guardando gli identikit dei rapinatori affermò che «assomiglia a uno dei vostri», riferito alle forze dell’ordine e in particolare a Roberto Savi.
Un particolare che avrebbe potuto indirizzare le indagini e portare alla cattura almeno tre anni prima di quando avvenne, ma che non fu tenuto in considerazione.
«È uno dei tanti elementi che fin dal 1988 potevano portare alla cattura dei Savi e che non sono stati presi in considerazione», osserva Soglia.

Le gesta della banda della Uno Bianca produsse quello che il giornalista definisce «uno stato confusionale nelle forze dell’ordine, ma anche conflitti incredibili nelle questure e tra la magistratura. Però rimane sempre il dubbio, a cominciare dall’inizio di questa storia, cioè il depistaggio del brigadiere Macauda sull’omicidio dei due carabinieri a Castel Maggiore nell’88, che queste lacune possano anche essere state favorite da qualcuno mai identificato».

Nel corso dello spettacolo-inchiesta, Soglia ripercorrerà tutta la vicenda, anche con i dubbi sulla cattura di Fabio Savi, «perché c’è stata un po’ l’esaltazione del lieto fine, con due poliziotti buoni, Baglioni e Costanza, che catturavano quelli cattivi – osserva Soglia – Non è andata proprio così».
In scena, quindi, ci sarà un «excursus sul dubbio», ma pieno di documenti, filmati ed interviste, che lasciano il sospetto che la banda potesse essere presa molto prima.

ASCOLTA L’INTERVISTA A PAOLO SOGLIA: