Si intitola «Voi con queste gonnelline mi provocate» l’inchiesta realizzata da Francesca Candioli, Roberta Cavaglià e Stefania Prandi per Irpi Media. Un lavoro di otto mesi che squarcia il velo sul sessismo e le molestie sessuali che si annidano anche nelle scuole di formazione per il giornalismo, in particolare nei master universitari.
L’inchiesta ha raccolto le testimonianze di studentesse e studenti degli ultimi dieci anni di corsi in dieci master italiani e i risultati sono sconvolgenti: un terzo delle studentesse ha raccontato di aver subito discriminazioni, molestie verbali e sessuali in classe e negli stage.

Sessismo e molestie sessuali nei master di giornalismo: l’inchiesta di Irpi Media

Sono 239 le testimonianze raccolte dall’inchiesta «Voi con queste gonnelline mi provocate». Tutto nasce da tre segnalazioni iniziali di discriminazioni di genere e molestie sessuali che le autrici hanno ricevuto durante conversazioni informali con studenti di giornalismo e redattrici.
Il presupposto da cui le giornaliste sono partite è che, secondo diverse ricerche internazionali, le redazioni di giornali, radio e televisioni sono tra i luoghi di lavoro col più alto tasso di molestie sessuali e sessismo. Non sorprende quindi che il racconto di notizie di violenza di genere presenti molti punti problematici.
Ciò che appare particolarmente grave, però, è che molestie e discriminazioni possano avvenire già nella fase della formazione, quando la sperequazione di potere tra formatori e alunne è particolarmente accentuata.

La metà delle persone sentite ha riferito di aver assistito o saputo di molestie sessuali e verbali, tentate violenze sessuali, atti persecutori, stalking, ricatti e discriminazioni di genere. Circa un terzo delle alunne ha descritto nel dettaglio, con nomi e cognomi, gli abusi subiti attraverso racconti, screenshot, email, documenti e video. Tuttavia nessuna delle vittime ha sporto denuncia, soprattutto per non veder compromessa la propria carriera lavorativa.
Le forme di violenza raccontate nelle testimonianze vanno dalla costante ricerca di contatto fisico da parte di insegnanti e superiori nei confronti delle allieve, inviti a uscire, stalking e altri generi di avances insistenti. Non solo: nel novero delle molestie e delle discriminazioni compaiono anche le richieste alle studentesse di cambiare il proprio aspetto fisico o abbigliamento e trucco o le promesse di carriera. Inoltre le giovani non erano considerate in grado di occuparsi di temi importanti come mafia ed esteri.

Le autrici hanno scelto di non fermarsi alle testimonianze riportate, ma di avere un confronto con i referenti delle scuole, i rettori degli atenei di riferimento, gli ordini dei giornalisti locali e l’ordine nazionale.
«Tutte le scuole hanno reagito con disponibilità – racconta ai nostri microfoni Prandi – prendendo impegni non tanto verso di noi, ma verso le proprie studentesse e i propri studenti. I sistemi che producono le informazioni poi sono quelli che riflettono il modo in cui il mondo viene visto e concepito».

ASCOLTA L’INTERVISTA A STEFANIA PRANDI: