George Lloyd (1913 – 1998), compositore nativo della Cornovaglia, ancora assai poco conosciuto soprattutto al di fuori dell’Inghilterra (per un certo periodo della sua vita ha lavorato pure come ortolano, coltivando funghi e garofani), si riallaccia stilisticamente, alla grande tradizione sinfonico-corale britannica primonovecentesca, solidamente tonale con echi di Vaughan-Williams, opponendosi fieramente, nel corso della sua esistenza, alla dodecafonia così come a tutte le altre tendenze avanguardistiche più avanzate, la qual cosa non gli ha certo impedito di scrivere lavori di alto livello e meritori di una più ampia diffusione.
Circa 7-8 lustri fa (più o meno), ascoltai per la prima volta un suo lavoro, la sinfonia n.5, costituente l’intera seconda parte d’un concerto dell’Orchestra Filarmonica della BBC di Manchester (spacciata però nel programma di sala come la sua più illustre consorella sinfonica londinese) in grande spolvero, diretta da Edward Downes (allora suo direttore stabile), rimanendone piuttosto favorevolmente impressionato. Per la cronaca, il luogo era il Teatro Bonci di Cesena, città dove ho abitato (piuttosto malvolentieri) per un lunghissimo periodo del mio scombiccherato esistere in codesto mondo, sigh!
La proposta della puntata del 17 giugno, “The Vigil of Venus”, è una vasta cantata molto suggestiva in 9 parti per soprano, tenore, coro misto ed orchestra, composta fra l’autunno del ’79 e la fine dell’80, per un festival dedicato proprio a Venere, il Trinoctium. La composizione è interamente basata sul “Pervigilium Veneris”, componimento poetico dedicato a Venere in latino, d’autore anonimo, risalente al periodo dell’impero romano, inno alla figura della dea quale simbolo della vita e della rinascita. “E’ un canto primaverile, un poema amoroso, la creazione stessa”, secondo le parole del compositore riportate nel libretto del disco. Il testo è cantato nel latino originale, ma l’autore ha preso come riferimento anche una traduzione inglese ad opera del tardo vittoriano Sir Arthur Quiller-Couch.
L’edizione proposta è quella registrata nel novembre del ’90, alla Brangwyn Hall di Swansea, diretta dall’autore a capo del Coro e dell’Orchestra dell’Opera Nazionale Gallese (John Stein, violino principale ed Andrew Greenwood, maestro del coro), col soprano Carolyn James ed il tenore Thomas Booth, uscita nel ’91 per la Decca Records e riedita nel 2002. Incisione riverberante a basso livello, ma dall’ampia dinamica ed estensione, come sovente in questi casi, per cui si faccia attenzione al volume, cari radioavventurosi!
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—- Gabriele Evangelista —-