Infanzia felice e piena di stimoli musicali, anche grazie ad un padre maestro di banda che lo coinvolgeva nei suoi esperimenti sonori, un periodo di studi musicali accademici vissuto con non pochi tormenti, organista in chiesa, un impiego in una compagnia d’assicurazioni che, dopo il fallimento di quest’ultima, lo porterà a fondarne, assieme ad un ex collega, con grande successo, una in proprio, la qual cosa lo indurrà a dedicarsi alla composizione soltanto nei ritagli di tempo, durante i fine settimana e lungo i periodi di ferie, pubblicando assai poco ed altrettanto di rado vedendo eseguiti i suoi lavori in pubblico fintantochè è in vita (peraltro nemmeno preoccupandosene più di tanto).

“Con una moglie adorabile e dei bravi figlioli, perchè dovrei funestarli con delle dissonanze?”, questo era il credo d’un professionista di successo nel campo infortunistico, musicista “a tempo perso”, che non s’occupava direttamente della vendita porta a porta di polizze, ma che insegnava delle tecniche innovative di piazzamento ai singoli soggetti, i quali, una volta individuati i potenziali clienti, dovevano accattivarseli inculcando nelle loro menti, delle “grandi idee”.

Pionieristico ed avventuroso, col suo stile in bilico fra tradizione ed innovazione, fra tardoromanticismo ed avanguardismo, audace, sperimentalistico, immaginifico, tutto questo ed altro ancora fu, senza ombra di dubbio, in campo musicale, Charles Edward Ives (1874-1954), il “compositore della domenica” in questione, fra i primi musicisti classici statunitensi di rilevanza internazionale, che lasciò ai posteri, a parte il poco precedentemente edito, una messe di partiture manoscritte, parte delle quali incomplete, con una calligrafia sovente di ardua decifrazione, per cui, soprattutto a partire dagli anni ’80, si sono susseguite una serie di edizioni critiche delle sue musiche ad opera di vari specialisti e studiosi, che hanno in gran parte risolto i non pochi problemi esecutivi presentati dai suoi lavori tecnicamente impervi.

Ives era un seguace del trascendentalismo, corrente filosofica e poetica di derivazione kantiana, nata nei primi decenni dell’800, basata su concetti di sptritualità, libertà, fusione dell’uomo con la natura ed esaltazione del suo rapporto con la società. Ai principali esponenti di questa filosofia, ovvero Ralph Waldo Emerson, Nathaniel Hawthorne, i coniugi Alcott (Amos Bronson e Louisa May) ed Henry David Thoreau, sono rispettivamente intitolati i 4 movimenti della sua poderosa Sonata n.2 “Concord, Massachusetts, 1840-1860” per pianoforte, con brevissime parti, facoltative, per viola (1° mov.) e per flauto (4° mov.), concepita fin dal 1904, ma creata fra il 1909 ed il 1915, pubblicata nel ’20, ma rivista più volte in seguito, con aggiunta d’ulteriori dissonanze al fine d’aggiornarne il linguaggio ed edita in forma definitiva nel ’47 (questa la versione in onda nella puntata di giovedì 19 maggio). Negli anni ’80, il pianista John Kirkpatrick, ne curerà un’edizione critica.

L’incisione proposta, registrata dal 18 al 20 ottobre ’95, all’IRCAM di Parigi, vede al pianoforte Alexei Lubimov, alla viola Laurent Verney ed al flauto Sophie Cherrier. Uscita nel ’96 per la Erato Disques, è stata ristampata dalla Warner Classics nel 2003, per la collana economica Apex.

“Un tocco di classico” va in onda ogni giovedì alle ore 24, su Radio Città Fujiko, in streaming ed in fm 103.1 mhz.

—- Gabriele Evangelista —-