Conflittuali, intolleranti e impazienti. Anche un terzo dei bolognesi soffre della “Sindrome del Dr. House”. Lo certifica uno studio del Centro Medico Santagostino. Secondo lo psichiatra Michele Cucchi gli antidoti sono empatia, altruismo e ascolto.
Un bolognese su tre soffre della “Sindrome del Dr. House”. Lo sostiene la ricerca svolta dal Centro Medico Santagostino in occasione del convegno “Conflittualità e relazioni nella società di oggi”. Michele Cucchi, responsabile dell’area Mente e Cervello del Centro Medico, spiega che si tratta di una predisposizione alla relazione con gli altri basata sulla conflittualità, l’intolleranza e l’impazienza.
“I dati che abbiamo rilevato su Bologna – spiega Cucchi – non sono atipici rispetto alle altre città, ma sono specchio di una società che rende difficile trovare il tempo per riflettere, ascoltare e condividere. Anche i social non sono un vero strumento di condivisione, ma semplicemente vengono utilizzati come palcoscenico e ci danno un pubblico a cui parlare”.
La sindrome del Dr. House quindi non è altro che una conseguenza del modo in cui siamo abituati a vivere, che porta le sue vittime ad uno stato di perenne nervosismo. Dallo stato di tensione e di scontro tra le parti che si crea sul lavoro alla difficoltà di gestire il proprio tempo, le cause di questo stato emotivo sono molteplici e rintracciabili nella quotidianità. Tra quelle indicate nello studio del Centro Medico vi è anche la natura conflittuale della società, in cui l’Io viene prima di ogni altra cosa, e quel nuovo tipo di solitudine nata con i social network.
Per i bolognesi sono soprattutto gli uomini (62%) a soffrire della sindrome, perché vivono in maniera più conflittuale la critica del datore di lavoro rispetto alle donne (38%). L’autista di mezzi pubblici (56%) è ritenuto uno dei lavori più stressanti, che porta il soggetto a provare i sintomi dell’intolleranza e dell’impazienza in diverse situazioni. Stesso discorso per il commesso del supermercato (52%) che nei momenti più caotici della giornata a volte perde le staffe con il cliente per una richiesta di troppo, preso dall’impulsività del momento. Ma non si tratta solo di lavoro. Infatti fare la coda negli uffici pubblici (54%), per pagare una bolletta ad esempio, è una delle azioni quotidiane che scatenano più perplessità o commenti sarcastici tra la gente e questo si ripercuote sulla loro salute mentale.
“Per compiere un’autodiagnosi – conclude Cucchi – basta provare a verificare quanto tempo si ha trascorso arrabbiati negli ultimi due giorni, e quante volte si è riusciti ad uscire da confronto con un intesa invece che con un conflitto. Per fare un passo avanti verso il benessere è invece necessario ritrovare il tempo per le vere priorità, mettendo in discussione quelle che ci sembrano tutti i giorni delle urgenze”.
Anna Uras