A due anni dal referendum contro le trivelle, che non ottenne il quorum, gli attivisti di Greenpeace hanno srotolato due striscioni nei pressi di una piattaforma a Pescara. “Stop trivelle – ieri, oggi, sempre”. E intanto le concessioni governative si moltiplicano. L’intervista ad Andrea Boraschi. GUARDA FOTO E VIDEO DELL’AZIONE.

Era il 17 aprile 2016 quando gli italiani furono chiamati a votare il referendum, voluto dalle Regioni, contro le trivellazioni per la ricerca di idrocarburi nell’Adriatico. Il referendum fallì perché non raggiunse il quorum. A votare si recarono “solo” 15,8 milioni di italiani (pari al 31,2%), contro i 50,6 milioni di aventi diritto. Seppur non valide, le schede scrutinate videro un 86% di “Sì”, cioè di consensi per fermare le trivelle.
Anche in quell’occasione non mancarono le polemiche, col governo Renzi che rifiutò l’election day, al punto che ancora oggi c’è chi parla di consultazione boicottata.

A due anni da quel referendum, gli attivisti di Greenpeace , oggi, hanno aperto due grandi striscioni, sui quali si legge “Stop trivelle – ieri, oggi, sempre“, nei pressi della piattaforma Fratello Cluster, posizionata poco a nord di Pescara, entro le 12 miglia marine dalla costa.
Con questa azione, gli ambientalisti hanno voluto ribadire che “l’opposizione di allora allo sfruttamento dei mari italiani per l’estrazione di fonti fossili è la stessa di oggi, ed è la stessa che sarà pronta a risollevarsi presto se l’Italia non cambierà rotta in materia di energia”.

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Anche se “il quorum non fu raggiunto – si legge in una nota di Greenpeace – il segnale fu comunque inequivocabile contro il governo, guidato allora da Matteo Renzi, che aveva ostacolato in tutti i modi il voto e infine sostenuto l’astensione, schierandosi di fatto al fianco delle compagnie petrolifere”.
La politica governativa, infatti, non cambiò e oggi sembra essere più florida che mai. Ad aiutarla è arrivata anche una recente sentenza del Consiglio di Stato, che ha rigettato il ricorso di Abruzzo e Puglia, dichiarando legittima la Valutazione d’Impatto Ambientale con cui il Ministero dell’Ambiente aveva approvato la concessione di due enormi aree per la prospezione di idrocarburi alla Spectrum Geo.

“Da Rimini fin quasi all’estremità meridionale della Puglia – mettono in guardia gli ambientalisti – potrebbero presto cominciare le attività con l’airgun”, la contestata tecnica di bombardamento dei fondali alla ricerca di giacimenti.
Sono infatti nove i provvedimenti di via emanati dal dicastero presieduto dal ministro Gianluca Galletti, che non ha lesinato autorizzazioni per nuove attività di ricerca di fonti fossili.

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Trivelle - Blitz di Greenpeace 

“La politica energetica portata avanti dal governo Gentiloni negli ultimi due anni, sebbene meno aggressiva di quella di Renzi, ha infatti continuato a intendere i nostri mari soprattutto come dei giacimenti – dichiara Andrea Boraschi, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace – Ma sia chiaro, la protesta di oggi non è una commemorazione, ma un deciso monito al governo che verrà, di qualunque segno esso sia: una larghissima parte dei cittadini italiani è contraria alle trivelle. E l’Italia dovrà cambiare presto strategia, tornando a investire sulle rinnovabili e smantellando presto le oltre cento piattaforme disseminate lungo i nostri mari, nella maggior parte dei casi improduttive ed esonerate persino da royalties e oneri fiscali”.

L’associazione, giovedì prossimo, sarà inoltre impegnata in un processo contro 10 suoi attivisti, accusati di “ingresso arbitrario in zona industriale” per l’azione che il 30 marzo del 2016 li vide occupare pacificamente una piattaforma al largo delle coste di Ravenna, la Agostino B. “In quella circostanza gli attivisti denunciarono gli alti livelli di inquinamento causati da quell’impianto nell’ambiente marino circostante, invitando gli italiani al voto referendario”, ricorda Greenpeace.

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