Dopo i ripetuti assalti al centro di accoglienza per migranti non si placa la tensione nel quartiere romano, e i rifugiati del centro vengono trasferiti per sicurezza, soprattutto i minori. Il caso di Tor Sapienza è esemplare di cosa può accadere quando le istituzioni si voltano dall’altra parte, e le periferie si fanno ghetto.
Tor Sapienza: migranti rinchiusi in un ghetto
Il centro di accoglienza di viale Giorgio Morandi, quartiere Tor Sapienza – periferia est di Roma – continua a essere teatro della rabbia e della violenza di buona parte dei residenti della zona. Una rabbia e un rancore che vengono da lontano, covati per lungo tempo, e sfociano ora nel razzismo e nell’intolleranza più ciechi, con la caccia all’immigrato degli ultimi giorni. Gli abitanti giustificano le loro proteste con l’esasperazione dovuta ai continui furti, scippi e tentativi di stupro che si consumano nel quartiere, e di cui vengono additati come responsabili gli ospiti del centro di accoglienza, cioè richiedenti asilo e minori stranieri non accompagnati.
Per cogliere le ragioni che hanno fatto sì che la collera dei residenti del quartiere prendesse di mira i migranti del centro occorre però guardare più in profondità. Dalle diverse testimonianze di quei cittadini traspare chiaro il senso di abbandono ed esclusione sociale di quella parte di periferia romana, e le loro lamentele non nascono certo ieri, bensì da diversi anni: criminalità, spaccio, prostituzione, fino ad arrivare al degrado e alla scarsa illuminazione delle strade sono frutto dell’annosa indifferenza e incapacità delle istituzioni di prendersi carico di quella zona.
Dello stato di abbandono del quartiere ci dà testimonianza Francesca, un’operatrice della cooperativa “Un sorriso” che gestisce il centro: “anche noi siamo residenti del quartiere e ci sentiamo abbandonati dalle istituzioni. Denunciamo quotidianamente l’assenza di servizi, le difficoltà che si vivono qui. Conosciamo bene la realtà delle periferie – spiega – La nostra idea era una collaborazione con i residenti, per migliorare la qualità della vita in queste zone abbandonate e dimenticate. C’è un’esasperazione dei cittadini che, lasciati soli dalle istituzioni, si accodano a chi li sta a sentire”.
Ed è su questo terreno fertile che germogliano i semi dell’intolleranza, dell’insicurezza e del razzismo, annaffiati poi ad arte dalle ideologie dell’estrema destra. Capita poi, a un livello ancora superiore, che ad approffitare di tutto ciò siano quegli esponenti politici che proprio sulle paure e – si permetta – sull’ignoranza delle persone, hanno costruito una carriera. Non è un caso che i primi a cogliere la palla al balzo e a cavalcare l’ondata razzista siano stati il leader leghista Matteo Salvini e, da ultimo, l’eurodeputato Mario Borghezio, accorso questa mattina per portare la sua solidarietà ai residenti in rivolta contro gli immigrati.
In una situazione di emergenza di questo tipo è stato deciso dal Comune e dalla Prefettura di trasferire i minori presenti nel centro in altre strutture, per motivi di sicurezza. Da più parti questo tipo di soluzione è stato visto come un segno di resa alla dilagante violenza razzista. Di diverso avviso l’operatrice del centro Francesca che spiega: “abbiamo concordato con l’amministrazione comunale il trasferimento dei ragazzi minori in altre strutture, vista la situazione. Non è certo una resa, perché il centro rimane aperto“.
Dello stesso parere è Nazzarena Zorzella, avvocato dell’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione: “Non è una resa perché la sicurezza di quei ragazzi era a rischio, è una reazione legittima all’emergenza. Chiaro che poi va attivato tutto un percorso di integrazione di questi minori, come prevede la legge del resto”. “È una situazione che rischia di esplodere – sottolinea con preoccupazione Zorzella – c’è una mancanza assoluta di interventi di integrazione dei migranti e c’è il tentativo sempre più inquietante di alcune forze politiche, come la Lega e Forza Nuova, di cavalcare un disagio sociale prendendo come capro espiatorio le persone più vulnerabili in questo momento. La responsabilità non è però solo loro – chiarisce l’avvocato – ma di tutte le altre forze politiche che dopo 30 anni di immigrazione in Italia ben poco fanno per individuare e predisporre un sistema di accoglienza e integrazione“.