“Noi impieghiamo personale residente”. È polemica sull’iniziativa del Comune svizzero di Claro per incentivare l’occupazione locale. Dallo Stivale viene letta in tono anti-italiano, ma il sindaco Roberto Keller spiega il senso della misura protezionista: “Anche qui la crisi è un problema e le aziende pagano i frontalieri la metà dei lavoratori svizzeri”.
Un logo con la scritta “Noi impieghiamo personale residente” e una serie di crocette con la relativa percentuale, 20, 40, 60, 80 o 100%. È l’adesivo che si può trovare su negozi ed esercizi commerciali di Claro, Comune di nemmeno tremila abitanti nel Canton Ticino, in Svizzera.
L’iniziativa è partita proprio dall’Amministrazione comunale, ma in breve tempo non ha mancato di sollevare polemiche e accuse di razzismo e xenofobia da questa parte delle Alpi.
Accuse che il sindaco di Claro, Roberto Keller del Partito Liberale Radicale – una formazione centrista – non accetta. “Non è un’iniziativa contro gli italiani o xenofoba – afferma Keller ai nostri microfoni – Semplicemente anche noi sentiamo la pressione dell’economia che non va più come una volta, i ragazzi non trovano lavoro. È un’iniziativa per fare trasparenza”.
Nessun problema, secondo il primo cittadino, se ad essere assunti sono stranieri di qualsiasi nazionalità residenti a Claro e del resto l’iniziativa non è vincolante ma su base volontaria. “Basta un’autocertificazione presso i nostri uffici e viene rilasciato l’adesivo”.
Il punto, per il sindaco, è che ci sono delle ditte che impiegano personale italiano a meno della metà dello stipendio pagato ai residenti e questo crea concorrenza sleale. In particolare il fenomeno dei frontalieri coinvolge 50mila persone a fronte di 300mila abitanti nel Canton Ticino. Un sesto della madopera, quindi, proviene da un altro Paese, con altri regimi salariali.
L’adesivo, stando alle parole del sindaco, vuole quindi rappresentare una sorta di valore aggiunto per le imprese locali. “Un po’ come quando andiamo a comprare il bio”.
Se non razzista, però, l’iniziativa è sicuramente protezionista e appare un po’ anacronistica nel mondo globalizzato. Per essere efficace, ad esempio, si sarebbe potuti intervenire a livello governativo sul salario minimo.
“Il mondo è globalizzato – si difende Keller – ma è una questione di equilibrio e di osmosi. Quando l’Italia avrà gli stessi costi della Svizzera il problema non si porrà più. Il problema, invece, è dato proprio dalla differenza di costi che c’è tra i due Paesi”.