Bologna, Porta San Felice, 31 maggio 2023. Giuseppe, attivista di Potere al Popolo e Cambiare Rotta, si incatena davanti alla caserma Mameli in segno di protesta contro il vuoto istituzionale di fronte all’emergenza alluvione. Un vuoto che Giuseppe e centinaia di altri ragazzi e ragazze hanno colmato nelle scorse settimane con staffette di solidarietà da tutto il Nord-Italia, armandosi di stivali, vanghe e mutualismo, ma senza scordarsi nomi e cognomi di coloro che sono ritenuti i responsabili della tragedia che ha colpito l’Emilia-Romagna.

«Le vanghe non sono abbastanza»: solidarietà popolare contro il vuoto istituzionale

«Nei giorni in cui siamo andati a spalare in tutta la Romagna abbiamo notato una grandissima solidarietà popolare – afferma Giuseppe – da chi vive il territorio, ma anche da chi veniva da fuori. Lo Stato è stato l’unico assente: c’erano pochi mezzi pesanti, in numero del tutto insufficiente per far fronte a un’emergenza di dimensioni così grandi». La scelta di incatenarsi davanti alla caserma Mameli, quindi, non è casuale: «l’esercito avrebbe i mezzi adatti, quelli del genio militare, per aiutare la popolazione e spurgare il fango da cantine e strade – continua l’attivista – Noi non bastiamo più, le vanghe non sono abbastanza, perché il caldo di questi giorni sta rendendo la fanghiglia sempre più secca e difficile da tirare via. La retorica degli angeli del fango ci ha stufati, vogliamo che lo Stato metta in campo le risorse di cui dispone».

Il perché sia mancato un supporto logistico dalle forze armate è presto svelato. Per l’intero mese di maggio – proprio durante i giorni più drammatici dell’alluvione – migliaia di uomini e donne sono stati impegnati in Sardegna per tre esercitazioni militari della Nato (Mare Aperto, Noble Jump e Joint Stars) che si sono concluse soltanto il 26 maggio: un dispiegamento enorme di forze che aveva già sollevato polemiche per l’uso del suolo e del mare sardo – e che oggi si attira le critiche di chi ha partecipato alle brigate di solidarietà. «4000 uomini e centinaia di mezzi pesanti sono stati dirottati dove ce n’era meno bisogno. – accusa Giuseppe – Invece di esercitarsi per una futura guerra, le forze dovrebbero essere impiegate in Emilia Romagna per dare un supporto concreto alla popolazione. Ed è anche una questione economica: tutti i soldi che stanno venendo spesi per queste esercitazioni andrebbero spesi in altro modo».

Il percorso del corteo del 2 giugno: «Soldi ai territori, non alle armi!»

L’attenzione sul tema verrà rinforzata con una manifestazione regionale prevista per venerdì2 giugno, in concomitanza con la Festa della Repubblica, al grido di “Soldi ai territori, non alle armi!”. «Partiremo alle 10.30 da piazza dell’Unità e ci muoveremo subito verso piazza Liber Paradisus per portare il nostro saluto alla tendata di Usb – annuncia il miltante – che porta avanti assieme a noi la lotta per il diritto all’abitare. Il tema è ben collegato a quello dell’alluvione: nelle zone colpite il tema della casa sarà fondamentale, perché tante strutture sono diventate inabitabili». Al centro dell’accusa c’è anche un’operazione di sfratto condotta dal Comune nel primo giorno di allerta rossa: «mentre consigliava ai cittadini di rimanere in casa per questioni di sicurezza, l’amministrazione non si è fatta problemi a mandare per strada una famiglia intera».

Il corteo proseguirà poi verso il Palazzo della Regione, prima tra i responsabili individuati per una tragedia che affonda le proprie radici in un modello di sviluppo fatto di cementificazione selvaggia, urbanizzazione senza criterio e argini dei fiumi resi sempre più artificiali e ostici per i corsi d’acqua. «Sia chiaro, è bello fare mutualismo e proporre solidarietà, ma dobbiamo ricordarci chi sono i colpevoli di quello che sta succedendo in questi giorni, ossia quella giunta regionale che per anni ha massacrato il nostro territorio con questi risultati», conclude Giuseppe.

ASCOLTA L’INTERVISTA A GIUSEPPE DI POTERE AL POPOLO:

Andrea Mancuso