Rinviare l’introduzione del salario minimo in Italia significa anche penalizzare l’economia, perché senza una soglia dignitosa di retribuzione le famiglie hanno meno potere d’acquisto. Lo sostiene ai nostri microfoni Nunzia Catalfo, ex-ministra del Lavoro ai tempi del governo Conte e anima del ddl sul salario minimo presentato dalle opposizioni.
Catalfo sarà a Bologna venerdì prossimo, 20 ottobre, in un incontro organizzato dal M5S proprio per discutere di lavoro povero e salario minimo. Ma in queste ore osserva in modo critico quanto sta accadendo in Parlamento.

Salario minimo, la maggioranza rinvia la legge

Proprio in queste ore, infatti, il ddl sul salario minimo presentato da tutte le opposizioni ad eccezione di Italia Viva è tornato in aula a Montecitorio dopo il rinvio di luglio scorso. Nel frattempo, la premier Giorgia Meloni ha affidato al Cnel l’analisi della proposta e la relazione con cui l’ente presieduto dall’ex ministro Renato Brunetta ha di fatto smontato l’introduzione della misura in Italia ha un sapore molto politico.
Il Cnel ha sostenuto che la tradizione italiana della contrattazione collettiva renderebbe superfluo il salario minimo. La realtà, però, fornisce una fotografia diversa, con 3,6 milioni di lavoratori dipendenti che percepiscono una retribuzione inferiore alla soglia di povertà indicata dall’Istat e il 54% dei lavoratori che hanno contratti nazionali scaduti e non rinnovati.

«Questi dati confermano una debolezza della contrattazione collettiva, che noi comunque vogliamo rafforzare – afferma Catalfo ai nostri microfoni – Quello che noi diciamo è proprio che contrattazione collettiva e salario minimo possono andare di pari passo».
Le conseguenze del rinvio dello strumento, già presente in molti Paesi europei, per l’ex-ministra avrebbe delle conseguenze di diversa natura. Anzitutto sulla dignità di lavoratrici e lavoratori, sancita anche dalla Costituzione, ma anche sull’economia generale. «Con salari da 5 euro lordi l’ora non si ha una vita dignitosa – rimarca Catalfo – Questo incide sul progetto di vita delle famiglie, ma anche sull’economia, perché avere 3,6 milioni di lavoratori poveri significa che questi consumano meno, spendono meno».

Nella proposta delle opposizioni sul salario minimo, però, manca un meccanismo di indicizzazione della soglia minima – fissata nel ddl a 9 euro – con l’inflazione. «Nella proposta originaria c’era», sostiene Catalfo, per cui l’adeguamento dei salari al costo della vita, anche per i contratti collettivi in corso, è un tema che va discusso.
Una discussione non sembra però possibile al momento, poiché il ddl questa mattina è stato nuovamente rinviato in commissione.

ASCOLTA L’INTERVISTA A NUNZIA CATALFO: