Il direttore d’orchestra all’Auditorium Manzoni per la Stagione Sinfonica 2013 del Teatro Comunale di Bologna, nel duecento cinquantesimo anniversario dalla fondazione.

Dopo il grande successo alla direzione di un fantastico allestimento del Macbeth di Giuseppe Verdi al Teatro Comunale, Roberto Abbado venerdì sera ha diretto ancora l’orchestra residente questa volta per la Stagione Sinfonica e all’Auditorium Manzoni.

Il programma della serata comincia da Benjamin Britten, del quale quest’anno ricorre il centenario dalla nascita, con l’opera Serenata per tenore, corno e archi, op.31. Una composizione che si costruisce attorno a testi di autori inglesi scelti dal compositore per essere trasposti in musica e che ruotano intorno al tema del calar della sera e dell’arrivo della notte, intesa come la fine del viaggio o più propriamente la morte. I protagonisti un tenore, Tom Randle, dalla voce cristallina che nell’Inno di  Ben Johnson affronta i virtuosismi della partitura con una naturalità disarmante e un corno, Stefano Pignatelli, che agilmente duetta con lui. Per l’epilogo Britten prevede che il corno lasci la scena e continui il suo canto in lontananza: l’effetto di eco distante che prima si cercava di suggerire mano a mano diventa palpabile, impellente, reale.

Ciò che accomuna questa composizione con quella successivamente eseguita è il fatto che entrambe sono state cantate in prima assoluta dal tenore Peter Pears, compagno di Britten e che sono state scritte appositamente per lui e le sue qualità vocali.

I poemi di Jean-François Chabrun sono la base degli arazzi musicali di Witold Lutoslawski anche lui nato nel 1913. il compositore polacco è difficilmente eseguito in Italia e confidiamo nel centenario perché venga “suonato” il più possibile e non soffocato dalla bulimia verdiana e wagneriana che ci aspetta. In questa opera dove i protagonisti, oltre al tenore, sono gli archi, il pianoforte e l’arpa, l’autore letteralmente tesse la musica sulle atmosfere create dalle parole del poeta e nasce Paroles Tissées. Questa composizione fa parte della nuova direzione intrapresa da Lutoslawski a metà degli anni sessanta dove comincia ad utilizzare un linguaggio musicale più sottile ed inafferrabile. In questo lavoro in particolare cerca di rendere l’atmosfera sognante della poesia attraverso le note passando dall’elusivo all’enfatico. Fino ad arrivare all’ultimo arazzo, senza soluzione di continuità, dove pallore e sonno diventano metafora della morte e qui l’autore inserisce una sorta di pianto cantilenante che sarà caratteristico delle sue composizioni successive.

Dopo l’intervallo è la volta di una delle più note sinfonie del compositore ceco Antonín Dvořák ovvero la Sinfonia n. 9 in mi minore op. 95 detta Dal Nuovo Mondo. Opera tanto famosa quanto saccheggiata: suoi pezzettini sono stati sparsi in pubblicità, sigle e colonne sonore. Il quarto movimento è citato nel brano America dei Nice di Keith Emerson (1967) in versione psichedelica come introduzione alla rivisitazione di West Side Story, brano che fece infuriare Leonard Bernstein. E’ sempre il quarto movimento che, finita la guerra, introduce la seconda parte del film di Emir Kusturica, Underground. Ma ascoltare lo sviluppo completo della sinfonia è come sempre un’altra cosa. Roberto Abbado e l’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna ci accompagnano in questo percorso composito fatto di suoni natii, la Boemia, che si incontrano e si mescolano con quelli del nuovo mondo dove Dvořák è giunto; sentiamo quindi gli echi dei nativi americani e delle folk songs. Lo snodarsi delle note è fatto di rimandi continui e di una ricorsività crescente. Verso la fine del terzo movimento il direttore deve richiamare il timpanista che sente già l’aria maestosa e furiosa dell’ultimo movimento assolutamente ispirato alle valchirie di Wagner.