Un prestito da restituire in vent’anni, con rate d’ammortamento tipiche dei mutui, per il prepensionamento. È l’ipotesi che il governo ha presentato ai sindacati che chiedevano invece una revisione della riforma Fornero, anche per quanto riguarda la flessibilità in uscita. Chi vorrà andare in pensione prima dei termini anagrafici innalzati dalla riforma dovrà pagare, regalando soldi ad assicurazioni e banche.

Si possono usare giri di parole per indorare la pillola, come stanno facendo molti media filogovernativi, ma la sostanza della proposta presentata ieri dall’esecutivo ai sindacati sul tema delle pensioni e della flessibilità in un’uscita è che, per andare in pensione prima dei termini anagrafici innalzati dalla riforma Fornero, i lavoratori dovranno pagare.
Renzi e Poletti, dunque, non hanno alcuna intenzione di modificare la riforma del governo Monti, né di farsi carico dei 10 miliardi di euro stimati per una misura che introduca la flessibilità in uscita, ma propongono un meccanismo che, già che ci siamo, regala i soldi derivanti dagli interessi a banche ed assicurazioni.  

La formula, descritta come un prestito, ha le caratteristiche di un vero e proprio mutuo, con rate di ammortamento che possono durare vent’anni.
L’anticipo pensionistico sarà gestito dall’Inps, che dovrà creare il rapporto con gli enti finanziari che erogheranno l’anticipo netto della pensione ai lavoratori che certificheranno la richiesta di pensionamento anticipato. Una banca, dunque, anticiperà l’importo della pensione netta per gli anni che mancano alla pensione di vecchiaia, che dovrà essere restituito in 20 anni, con il pannicello caldo di una copertura assicurativa ed una detrazione fiscale sulla parte del capitale anticipato “per alcuni soggetti più deboli e meritevoli di tutela”.

Uscendo dall’incontro col governo, la leader della Cgil, Susanna Camusso, ieri ha affermato che si tratta di “un passo avanti, ma insufficiente”. Di tutt’altro avviso è Bruno Papignani, segretario della Fiom dell’Emilia Romagna, che boccia in toto la proposta di Palazzo Chigi.
“Una proposta giusta e inaccettabile – commenta Papignani ai nostri microfoni – che affosserebbe qualunque discussione futura sulla riforma delle pensioni”. Per il segretario regionale della Fiom, questo governo pensa di agire coi trucchi, facendo pagare le riforme che fa al diretto interessato, dopo che ha versato tanti anni di contributi. “Ormai non siamo una repubblica fondata sul lavoro, ma fondata sulle banche”.
Ancora più duro Giorgio Cremaschi, da tempo in rotta con la Cgil, accusata di servilismo nei confronti del governo: “Siamo passati dai lavori usuranti all’usura sulle pensioni”.

Il meccanismo proposto dal governo è analogo, sottolinea Papignani, a quello sulla casa. Non solo per l’analogia coi mutui, ma per la possibilità, contenuta in un’altra legge, che un anziano non-autosufficiente possa ipotecare la casa, lasciando i debiti agli eredi o facendosi mangiare la casa dalla banca, per garantirsi la sopravvivenza e l’assistenza.

Per il segretario della Fiom dell’Emilia Romagna – che premette però di non essersi confrontato ancora con i suoi – ci sono comunque tutte le premesse per indire uno sciopero generale in autunno. Oltre al tema delle pensioni, infatti, ci sono vertenze che non si concludono, un welfare “ormai spacciato” e una riforma costituzionale che toglie gradualmente diritti ai cittadini.