«Patrick sarà scarcerato ma è importante sottolineare che non sono decadute le accuse a suo carico: ciò vuol dire che all’udienza del primo febbraio potrebbero decidere di metterlo nuovamente in detenzione cautelare o, peggio, di condannarlo. Inoltre il giudice gli ha imposto il divieto di lasciare il Paese». Così riferisce all’agenzia Dire Amr Abdelwahab, attivista del movimento Patrick Libero, sul caso dello studente egiziano Patrick Zaki.

Patrick Zaki è stato rilasciato, ma il primo febbraio 2022 un’altra udienza

I giudici hanno deciso di sospendere l’udienza per Patrick Zaki, lo studente egiziano dell’Università di Bologna accusato di diffusione di false notizie, che si è aperta stamani presso la seconda divisione del Tribunale di Emergenza per i reati minori di Mansoura. Il giudice si sarebbe ritirato per decidere se accogliere le istanze presentate dagli avvocati, che riguardano l’acquisizione di vari atti. Tra questi, i legali di Zaki chiedono in particolare i video e le immagini delle telecamere di sorveglianza dell’aeroporto del Cairo relative alla giornata del 7 febbraio 2020, giorno in cui Zaki è rientrato in Egitto con un volo partito dall’Italia. Tali immagini sono «fondamentali per confermare che Patrick è stato fermato dagli agenti direttamente in aeroporto il 7 febbraio», spiega la stessa fonte, «e quindi non è vero che è stato arrestato l’8 febbraio a Mansoura (sua città d’origine nel nord del Paese, ndr) come è scritto nei verbali ufficiali».

Questo costituirebbe un grave illecito dal momento che, come hanno più volte denunciato sia i familiari del ricercatore che i suoi avvocati, dal momento dell’atterraggio dell’aereo e quindi dell’arresto fino al trasferimento nella centrale di polizia di Mansoura il giorno successivo, «di Zaki si è persa ogni traccia. Ottenere questa prova serve a ribadire che Patrick è stato vittima di sparizione forzata nelle ore successive all’atterraggio» evidenzia la fonte.

La pratica di arrestare e non notificare né il fermo né il luogo della detenzione ai legali o alla famiglia della persona sarebbe diffusa in Egitto, viene denunciata da tempo dalle organizzazioni per i diritti umani, tra cui Amnesty International, che a luglio del 2016 ha pubblicato un report dal titolo «Egitto: ‘Tu ufficialmente non esisti’. Sparizioni forzate e torture in nome del contrasto al terrorismo», in cui si parla appunto di «una vera e propria tendenza che vede centinaia di studenti, attivisti politici e manifestanti, compresi 14enni, sparire nelle mani dello Stato senza lasciare traccia». Di tali sparizioni viene in particolare accusata l’Agenzia per la sicurezza nazionale (Nsa).

«Più di tutto però temiamo che possano arrestarlo domani imputandogli nuovi capi d’accusa»: Abdelwahab cita il meccanismo della cosiddetta “porta girevole”, una pratica denunciata da organizzazioni come Amnesty International o Human Rights Watch, con cui la magistratura egiziana incarcera una persona poche ore dopo che è sopraggiunto il rilascio, l’assoluzione o il termine dei due anni di detenzione preventiva previsti dalla legge. Per le associazioni, queste pratiche giudiziarie sono un modo per «imbavagliare e tenere dietro le sbarre le voci critiche contro il governo».

Francesco Manera