La Palestina, una delle aree geografiche più disastrate e affollate al mondo, fa oggi i conti, nell’indifferenza dell’opinione pubblica mondiale, con l’ennesimo strappo sui diritti umani consumato dal paese occupante in tempi di pandemia.
Eppure Israele è stato ed è per molti un modello da seguire nella lotta al covid 19.
Tuttavia, nonostante i richiami delle Nazioni Unite che chiedono al governo di Tel Aviv il rispetto dell’articolo 56 della quarta Convenzione di Ginevra (la potenza occupante deve garantire che tutti i mezzi a sua disposizione siano utilizzati per combattere la diffusione di malattie ed epidemie contagiose nei territori occupati), Israele continua a negare agli abitanti di Gaza e della Cisgiordania una campagna vaccinale all’altezza della gravità del momento e persino a ostacolare la fornitura dei dispositivi di protezione più elementari, come mascherine e igienizzanti.
Ma quale era la situazione sanitaria in Palestina prima della pandemia? E quale è realmente ora? Quali le ONG che ancora operano sul territorio? Con quali progetti?
Con l’aiuto di Angelo Stefanini, medico e docente universitario, nel 2002 rappresentante dell’OMS e dal 2008 al 2011 responsabile del programma sanitario italiano nei territori, oggi consulente per l’Assistenza Sanitaria Primaria del Palestine Children’s Relief Fund Italia, abbiamo provato a ricostruire gli ultimi decenni di sanità in una delle aree più martoriate e dimenticate del pianeta.