Sono passati appena 16 mesi dall’alluvione che ha colpito la Romagna e le scene a cui stiamo assistendo in queste ore rimandano direttamente a quei momenti tragici. Sono ancora le città romagnole a finire sott’acqua, ma sta soffrendo anche l’Appennino, proprio come accaduto nel maggio 2023. Anzi peggio.
I metereologi non hanno dubbi nel dire che le precipitazioni che stanno colpendo l’Emilia-Romagna hanno battuto il già triste record del 2023. In appena 48 ore nella valle del Lamone, corso d’acqua tragicamente balzato agli onori delle cronache dell’anno scorso, sono caduti 300 millimetri di pioggia, mentre 16 mesi fa ne erano caduti circa 50 millimetri in meno.
Dopo l’alluvione, un nuovo record di pioggia sull’Emilia-Romagna
La statistica, fino a poco tempo fa, stimava che eventi di questo tipo si manifestassero ogni due secoli. L’intervallo attuale, in Emilia-Romagna, è di meno di cinquecento giorni.
Una nuova distopica normalità? «Ci dovremo abituare», commenta ai nostri microfoni il meteorologo Federico Grazzini.
L’esperto rivela che quando i modelli matematici di nuova generazione, adottati nel nostro territorio dopo l’alluvione dell’anno scorso, hanno predetto quello che stava capitando, i tecnici hanno inizialmente reagito con incredulità. I nuovi strumenti, in realtà, hanno previsto tutto alla perfezione ed è grazie a loro se ieri mattina è stata diramata l’allerta rossa.
Oltre a prevedere, come si può spiegare ciò che sta capitando? «Sul Mediterraneo è presente una depressione che è sostanzialmente l’eredità del ciclone Boris, che ha causato tutte le devastazioni nell’est Europa – spiega Grazzini – Questa depressione ha acquisito calore e umidità dal Mediterraneo, rendendo le precipitazioni più intense».
In altre parole, il mare surriscaldato aggrava le perturbazioni fino a toccare nuovi record, proprio come stiamo vivendo in queste ore.
«Ovviamente questa è un’ipotesi che andrà verificata – precisa il meteorologo – ma gli studi e le simulazioni effettuati dopo l’alluvione del 2023 la rendono plausibile».
In sostanza si tratta di un effetto a catena all’interno della cornice dei cambiamenti climatici. Il mare più caldo – e il calore dell’acqua del Mediterraneo è stato per molto tempo sopra la media – genera più energia, più vapore acqueo, che va ad aggiungersi alle perturbazioni.
A contribuire è anche l’umidità proveniente dal continente, in particolare dall’est Europa dove aveva già piovuto. Uno scenario simile a quello del 2023, ma che a quantità d’acqua caduta – e che sta ancora cadendo – ha battuto il già triste record.
«In questa circostanza c’è anche una maggiore intensità oraria delle precipitazioni – sottolinea Grazzini – Se nell’evento del maggio 2023 è piovuto meno ma in modo costante, oggi in alcuni territori sono caduti fino a 30 millimetri di acqua ogni ora».
Quantità che i sistemi di scolo non sono in grado di sopportare e che inevitabilmente producono allagamenti o, peggio, fanno tracimare o rompere gli argini dei fiumi.
ASCOLTA L’INTERVISTA A FEDERICO GRAZZINI: