Iniziano a constatarlo in molti: mai così tanti giornalisti e giornaliste sono stati uccisi in un conflitto quanti quelli che hanno perso la vita a causa delle azioni militari israeliane nella Striscia di Gaza.
In un appello diffuso dal sindacato dei giornalisti della Striscia, sono 111 gli operatori e le operatrici dell’informazione uccisi nei tre mesi di attacchi israeliani. Numeri che divergono di poco dal bilancio del Committee to protect journalist che parla di circa 80 giornalisti e fotoreporter massacrati (4 israeliani, 3 libanesi e 70 palestinesi).

A Gaza la strage di giornalisti da parte dell’esercito israeliano

Sono cinque gli operatori dell’informazione che sono stati uccisi negli ultimi due giorni. Si tratta di tre cronisti palestinesi morti il 7 gennaio, Hamza Wael Dahdouh e Moustafa Thuraya a Rafah e il fotoreporter Ali Salem Abu Ajwa a Gaza City. Ieri, 8 gennaio, hanno invece perso la vita Abdullah Breis a Khan-Younis e il fotogiornalista Muhammad Abu Misbah a Jabalya.
Le autorità della Striscia hanno diramato un comunicato in cui sollecita «i sindacati della stampa e dei media, gli enti legali e le organizzazioni per i diritti umani a condannare questo crimine e a denunciare la sua reiterazione da parte dell’occupante».

«In questo momento lavorare a Gaza come giornalista è diventato quasi impossibile, è il posto più pericoloso al mondo dove fare la nostra professione – osserva ai nostri microfoni Cosimo Caridi, giornalista freelance che più volte ha raccontato cosa accadeva a Gaza – In questi tre mesi di guerra Israele ha deciso di targettizzare, di rendere degli obiettivi i giornalisti stessi indicandoli come terroristi».
In particolare, non c’è alcun giornalista internazionale all’interno della Striscia di Gaza, perché Israele non vuole la loro presenza e agli operatori dell’informazione è impossibile anche entrare dal valico di Rafah.

L’unica possibilità di entrare è da giornalista embedded, firmando una censura militare di Israele. In questo modo, gli unici che possono raccontare ciò che sta accadendo sono i giornalisti gazawi, che Israele sembra colpire in modo mirato.
Il gioco compiuto da Tel Aviv è quello da un lato di impedire ad osservatori internazionali di vedere coi propri occhi cosa accade, dall’altro di considerare inattendibili le informazioni che arrivano dalla Striscia di Gaza, o perché i giornalisti palestinesi sarebbero invischiati con Hamas o perché per evitare problemi praticherebbero l’autocensura.

ASCOLTA L’INTERVISTA A COSIMO CARIDI: