«Sono Pediatra, ho lavorato per tanti anni in un ospedale de l’Avana. Un giorno stavo facendo una iniezione e la madre del bimbo, ancora con la siringa in mano, mi guarda in faccia e illuminata mi dice: Ma sei la figlia del Comandante Guevara? Oddio, posso abbracciarti? e comincia a stringermi emozionata. Va bene va bene, ma lasciami fare la puntura a tuo figlio prima.… ed è così sempre, ogni giorno quando scoprono chi sono!». Lo dice e ride, ma un po’ piange «perché quando parlo di mio padre divento llorona».
Una bella faccia sorridente, ma anche uno sguardo duro e possente, come quando denuncia i crimini degli odiati norteamericanos, è quello di Aleida Guevara March, di professione pediatra, già coordinatrice progetti speciali del Centro de Estudios Che Guevara a L’Avana ma soprattutto figlia secondogenita del Comandante argentino, leader indiscusso della Revolucion Cubana.
A Bologna per presentare la mostra “Che Guevara Tu y Todos” (che dal 27 marzo al 30 giugno sarà visibile al Museo Civico Archeologico di Bologna), Alucha Guevara, come la chiamano i cubani, è un fiume in piena di ricordi, che si mescolano ad analisi geopolitiche e aneddoti scherzosi, come solo i cubani sanno fare mescolando politica alta e ironia caraibica.
Aleida racconta suo padre Che Guevara, da cui ha ereditato lo spirito rivoluzionario
Si parte dalle origini. Nata nel novembre del 1960, la rivoluzione cubana non aveva ancora compiuto due anni ed il padre scopre la notizia della sua nascita attraverso un telegramma che lo raggiunge in Cina dove era in visita in qualità di presidente della Banca Nazionale di Cuba.
«Era un uomo figlio del suo tempo e come tutti i latinos dell’epoca voleva assolutamente un figlio maschio. Aveva già una figlia dal primo matrimonio, Hildita, ed espresse il suo disappunto in modo scherzoso con un telegramma alla moglie che diceva Complimenti! Adesso buttala dalla finestra!!...al suo ritorno a Cuba mia madre, donna sensibile e che non capiva l’ironia argentina, non gli parlò e non gli fece vedere la figlia per una settimana».
Che Guevara, il mito. Però per la figlia «non era un mito, forse lo è per altri, per me era un uomo. E se ha potuto lui, possiamo farlo tutti quanti». Insomma se per il mondo intero è un’icona da magliette o un simbolo di lotta e resistenza, per Luchita è un esempio da cui ha assorbito i racconti epici, un fantasma eroico, visto che è venuto a mancare che aveva 7 anni e fra le missioni all’estero da ministro prima e da guerrigliero internazionalista poi, si è ritrovata a crescere e vivere nell’ombra di un eroe assente ma presente in eterno, «un uomo che come pochi diceva quello che pensava, e faceva quello che diceva, assumendosene le estreme conseguenze». È il caso ad esempio quando ci tiene a precisare di come, con sofferenza, fu costretto, da direttore del carcere Cabana, a dare ordine di fucilazione a decine di dissidenti cubani anticastristi: «Era appena finita la rivoluzione, era ancora in vigore la pena di morte stabilita dal regime di Batista per gli omicidi (che poi fu abolita dalla Rivoluzione) ed il Che, per quanto contrario, non potè sottrarsi a farli rispettare. Era un uomo d’ordine, rispettava gerarchie e comandi dall’alto».
Ovviamente non ha potuto evitare un punto caldo, da 58 anni a questa parte, sulla sua morte e sulla presunta rottura con Fidel Castro: «Non c’è mai stato nessun problema con Fidel, era un padre per noi figli del Che, ci ha supportato in tutto. E poi, se ci fossero stati problemi, se avesse pensato che Fidel lo volesse eliminare, sarebbe partito per la Bolivia lasciando la sua famiglia e i suoi 5 figli a Cuba o avrebbe cercato di portarli altrove al sicuro?».
Aleida è chirurgica e determinata anche nelle analisi geopolitiche del momento, sia osservando Cuba con gli occhi anche critici di una rivoluzionaria pragmatica: «Siamo strozzati a livello economico dall’arroganza statunitense, senza più petrolio o risorse energetiche ma noi sicuramente dobbiamo migliorare il sistema di produzione agricola, che alimenta lo spreco e non aiuta i lavoratori ad una produzione efficace della terra», sia quando si sofferma sulla situazione palestinese che definisce un «popolo eroico, che ha colto appieno il sentimento di lotta per il diritto alla propria autodeterminazione, e che ha un mito di mio padre come in pochi altri posti del mondo», o quando riflette sulla situazione degli esuli cubani espulsi da Trump, «che sono certamente i benvenuti a casa, sono cubani al 100% ed hanno diritto di rientrare, a patto che non abbiano venduto tutto perché in questo momento non avremmo la possibilità di assisterli, siamo in grossa difficoltà”.
Ci salutiamo con un abbraccio, la compagna Aleida “Alucha” Guevara è pronta a viversi la sua giornata bolognese fra i canti entusiasti ed i sorrisi dei tanti presenti emozionati, come me, di condividere un pezzo di storia del novecento, una che ha toccato, con le mani di bimba, un mito intramontabile!
ASCOLTA UN PASSAGGIO DELL’INTERVISTA AD ALEIDA GUEVARA:
Jonathan Ferramola