La Romania si appresta ad essere un ulteriore Paese europeo nelle mani dell’estrema destra, aggiungendosi a Ungheria ad Italia e agli altri che comunque hanno svoltato a destra. Il candidato di Alleanza per l’Unione dei Romeni, George Simion, domenica scorsa ha infatti vinto il primo turno delle elezioni con il 40,5% dei consensi, imponendosi sul sindaco di Bucarest, Nicusor Dan (20,89%) e sul candidato della coalizione di governo, Crin Antonescu (20,34%).
Al ballottaggio gli avversari sperano di ribaltare il risultato con un’alleanza anti-sovranista, ma i dati elettorali rendono complicata l’operazione.

Romania, il pasticcio politico che non ha fermato l’estrema destra

Le elezioni del 4 maggio, in realtà, seguono la grave crisi politica iniziata in Romania nell’autunno scorso. Le elezioni, infatti, si erano già svolte il 24 novembre, ma il voto è stato invalidato lo scorso 6 dicembre perché considerato truccato dall’ingerenza russa e da finanziamenti illeciti provenienti da Mosca. Il vincitore, Calin Georgescu, personaggio ambiguo in odore di servizi segreti, è stato anche arrestato lo scorso 26 febbraio.
Il responso delle urne, però, non ha dato alla Romania una prospettiva diversa in chiave europea. Il primo classificato, Simion, appartiene sempre all’estrema destra, ma a quanto ha dichiarato è favorevole alla Nato.

A rendere complicato il ribaltamento del risultato del primo turno elettorale per le presidenziali romene è l’atteggiamento ambiguo di Antonescu, che incarna l’establishment sconfitto nelle urne. Non è chiaro, infatti, se il suo partito, socialdemocratico e post-comunista, intenda sostenere Nicusor Dan o se invece tenti, come auspicato da Simion stesso, di creare un asse con l’estrema destra di Aur.
A riportarci questo scenario è Francesca De Benedetti, giornalista de Il Domani, che osserva anche come in Romania ci sia «una crisi di sistema. La Romania è un Paese in cui i servizi segreti sono integrati nella vita istituzionale».

A dispetto dello schema proposto in passato da forze politiche europee, cioè quello europeismo vs sovranismo, la situazione romena sembra prefigurare un altro schema. Pur mantenendo tratti filorussi, in particolare nella posizione dei confronti dell’Ucraina, Simion non ha paura a definirsi atlantista. Ciò che è ancora più inquietante, però, sono le mire che l’estrema destra di Aur ha nei confronti della Moldavia, con mire di annessione non distanti da quelle che Donald Trump ha manifestato nei confronti del Canada o della Groenlandia.
È questa forse la chiave per comprendere le nuove dinamiche europee. Il riavvicinamento di Usa e Russia, attraverso Trump e Putin, in chiave anti-europea trova nell’estrema destra romena una coerenza che in precedenza sembrava dicotomica.

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