Sono passati ormai 44 anni dall’epico concerto dei Clash in piazza Maggiore a Bologna. A salire su quel palco, quel primo giugno 1980, però non fu solo la band di Joe Strummer. Ad aprire l’attesissimo live furono diverse band locali.
È in una di queste che cantava il padre di Tommaso Palmieri, fotografo e autore di (Bo)yz N the Hood, «un diario visivo delle controculture musicali bolognesi contemporanee». Partendo proprio dai racconti del padre sulla scena punk bolognese, il fotografo si è messo sulle tracce di quella controcultura, cui ha affiancato quella rap e hip hop «per una comunione di spirito libertario e ribelle», racconta ai nostri microfoni.

(Bo)yz N the Hood, il diario fotografico sulle controculture punk e hip hop

È in questo modo, seguendo gli appuntamenti delle controculture bolognesi e mettendosi sulle tracce dei luoghi da esse attraversate, che Tommaso ha realizzato il suo diario, documentando tutto fotograficamente.
Ne è nato dunque un racconto, (Bo)yz N the Hood, che è diventato anche una mostra allestita a SI Fest 2024, ha vinto il premio Portfolio “Werther Colonna” e ora è diventato anche un libro, curato come l’esposizione da Chiarra Pirra e distribuito in modo indipendente dallo stesso fotografo.
Negli scatti Palmieri ha indagato affinità e divergenze col passato, documentando luoghi, persone, segni, simboli e macerie.

Considerato l’arco di tempo trascorso, le trasformazioni che ha subìto la città e i soggetti presi in esame, (Bo)yz N the Hood diventa però anche un’occasione per interrogarsi su quali siano oggi le nuove forme di collettività e quali siano gli ideali e i fenomeni che le connotano rispetto al passato.
Impossibile, infatti, non constatare che la società attuale sia profondamente diversa da quella degli anni ‘80 e come Bologna fatichi e provi al tempo stesso a sopravvivere a un’idea di comunità sempre più divergente con il mondo esterno, senza voler rinunciare all’importanza di preservare spazi di espressione, di conflitto e di conforto per le nuove generazioni.

Un dato che balza agli occhi riguarda gli spazi. La Bologna del 2024 ha fatto tabula rasa dei centri sociali occupati, che erano un terreno fertile per lo sviluppo di quelle controculture.
Tuttavia il fotografo sembra ottimista: «C’è ancora assolutamente fermento e lo dimostrano i tanti locali che hanno riaperto o che sono nati dopo la pandemia e ci sono tanti concerti. È vero che sono venuti a mancare i centri sociali, ma io credo sia solo un momento di passaggio perché lo spirito è rimasto intatto e le persone troveranno altri spazi e altri modi per portarlo avanti».

ASCOLTA L’INTERVISTA A TOMMASO PALMIERI: