Negli ultimi anni le AI sono entrate prepotentemente nel dibattito pubblico; molto è stato detto e scritto del miglioramento esponenziale delle loro performance, dei benefici e rischi collegati al loro utilizzo esteso, dei tentativi di regolazione (tra cui quello pioneristico della UE) e del loro impatto sul mondo del lavoro. Al fianco di queste considerazioni si nascondono però lati del loro sviluppo meno noti ma non per questo secondari, meritevoli di essere esaminati con altrettanta attenzione.

La ricerca sulla Intelligenza Artificiale (AI)

Secondo il 2024 AI Index Report, una delle fonti più autorevoli a livello mondiale sull’argomento, la ricerca sulle AI è al suo massimo storico. Nel 2022, ultimo anno analizzato per questo dato, sono stati pubblicati più di 240.000 articoli scientifici sull’argomento, quasi il triplo del 2010. Come ci si aspetterebbe oltre l’80% di questa letteratura proviene dall’ambiente universitario, ma ecco che si verifica uno scollamento. Se infatti è vero che l’università domina nettamente la produzione di studi sul settore, non è altrettanto competitiva nel riuscire a sviluppare AI di ultima generazione. La letteratura sulle AI è sterminata, ma solo una piccola parte di essa riguarda i modelli più avanzati, quelli veramente innovativi, ed è qui che la ricerca pubblica non riesce a tenere il passo.

La ricerca di frontiera sulla Intelligenza Artificiale (AI)

Nel 2023 sono stati sviluppati 89 modelli di AI particolarmente innovativi (“notable models” nel report precedentemente citato), di questi 15 sono stati prodotti dentro ambienti accademici, 21 sono nati da una collaborazione accademia-industria e ben 51 sono stati creati dalle aziende private in autonomia. Nel 2014 la accademia ancora deteneva il primato per il numero di modelli innovativi di AI prodotti, dal 2015 le grandi aziende informatiche hanno conquistato il primato e il divario ha continuato ad allargarsi da allora.
la causa di questo divario è complessa ma un fattore fondamentale sono le risorse. I modelli di nuova generazione hanno bisogno di risorse immense per essere addestrati con dei costi altissimi. Nonostante le aziende siano restie a rendere pubblici i reali costi dei loro modelli più avanzati, è stato stimato che l’addestramento di Gemini Ultra, uno dei modelli attualmente allo stato dell’arte nel settore delle AI generative, possa esser costato più di 190 Mln di dollari, cifre che le università semplicemente non possono investire.
Un altro problema riguarda gli immensi dataset che le aziende private hanno costruito nel tempo e da cui attingono per l’addestramento dei loro modelli, dataset a cui le università non hanno accesso.

Le AI sono una rivoluzione in atto, quello che vediamo oggi è l’inizio della loro diffusione, non certo la fine. L’opinione pubblica sta diventando sempre più consapevole della loro presenza e della loro potenzialità, le ricerche sulle loro applicazioni stanno aumentando esponenzialmente e i legislatori di tutto il mondo sono in movimento per tentare di comprendere e controllare il settore. All’interno di questo settore in esplosione si stanno creando dei disequilibri potenzialmente deleteri nel prossimo futuro, che è necessario risolvere prima che diventino sistemici. La mancanza di competitività delle università nei confronti delle industrie è potenzialmente uno di questi e necessita di azioni decise per invertirne la tendenza.