Era stata presentata e distribuita nel 2022, ma ora è stata aggiornata e verrà distribuita il 18 luglio in tutte le carceri dell’Emilia-Romagna. È “Codice ristretto”, una guida destinata alle persone detenute per ottenere misure alternative al carcere.
«Non è la soluzione a tutti i problemi – osserva il garante regionale Roberto Cavalieri – ma è un contributo anche per contrastare il sovraffollamento».
Carcere, suicidi e diritti negati: la situazione in Emilia-Romagna
Sono circa 3700 le persone detenute nelle carceri dell’Emilia-Romagna, di cui almeno 500 potrebbero accedere a misure alternative alla pena detentiva.
Le misure alternative sono uno strumento utile per alleggerire la pressione sugli istituti di pena dell’Emilia-Romagna, alle prese con problemi che contraddistinguono tutte le carceri italiane, il primo dei quali è il sovraffollamento.
In Emilia-Romagna, ad esempio, i posti ufficiali sarebbero 2900, quindi con un 28% di detenuti in più rispetto alla capienza. Percentuale che sale in alcune carceri, come quello di Bologna, dove si sfiora il doppio di persone recluse rispetto alla capienza.
Nel 2024, in particolare, nelle carceri italiane si è registrata una vera e propria emergenza suicidi. La nostra regione non è purtroppo esente dal problema. «A Parma si sono suicidati impiccandosi due giovani adulti, che erano in isolamento», ricorda il garante.
In particolare nei primi sei mesi dell’anno in Emilia-Romagna si sono tolte la vita 4 persone, quasi quanti i suicidi dell’anno precedente.
A pesare è soprattutto l’assenza di prospettive e di speranza, che derivano anche dalla negazione di diritti pur previsti dalla legge. A Piacenza, ad esempio, non viene riconosciuta ai detenuti la residenza, mentre a Modena le donne non possono accedere al lavoro esterno al carcere perché mancano posti nella sezione persone in semi-libertà.
Ma il mondo delle carceri è al centro anche di interventi legislativi. Da un lato il cosiddetto Decreto Svuota carceri, di cui però non si vedono gli effetti. Al punto che sembra più un provvedimento per scongiurare un’ulteriore condanna dell’Italia alla corte europea che per risolvere i reali problemi delle condizioni detentive.
Dall’altro l’introduzione del reato di rivolta carceraria che reprimerebbe ogni forma di protesta per i detenuti, gettando ulteriore sconforto e disperazione.
Anche perché, evidenzia lo stesso Cavalieri, la ragione che porta molte persone in carcere è la povertà e l’assenza di un welfare che sappia prevenire reati contro il patrimonio.
ASCOLTA L’INTERVISTA A ROBERTO CAVALIERI: