Buone notizie dall’Europa e pessime da Bologna. Potrebbe sintetizzarsi così la rassegna stampa che riguarda i riders, i ciclofattorini delle consegne a domicilio che rappresentano l’emblema di un nuovo tipo di sfruttamento.
La loro battaglia per i diritti ha fatto breccia presso la Commissione europea, che presenta una proposta di legge che prevede la loro assunzione, ma al tempo stesso sotto le Due Torri scattano le maglie della repressione, con due misure cautelari comminate ad altrettanti attivisti di Riders Union Bologna per una manifestazione svolta nel 2020.

Obbligo di firma per due riders: la repressione bolognese

«Un attacco scomposto a chi, rider o no, legittimamente chiedeva e chiede ancora salario, reddito, tutele per chi è escluso da sussidi, protezioni sociali e prospettive di vita degna». È con queste parole che Riders Union Bologna commenta la notizia di due misure cautelari, in particolare l’obbligo di firma, per due dei suoi attivisti.
Tutto risale al 7 novembre 2020, nel pieno della seconda ondata pandemica, quando riders ed altre soggettivistà scendevano in strada come lavoratori/trici invisibili per rivendicare reddito, welfare, salute, diritti per tutte e tutti.

Durante la protesta, il corteo si era spinto presso la Galleria Cavour dove si trovano le boutique di lusso dello shopping bolognese. Qualcuno durante la manifestazione aveva scritto sulla vetrina di Gucci le parole d’ordine della manifestazione stessa: “paghino i ricchi”.
«Ho sempre messo in conto tutto nella mia attività politica e sindacale, anche la repressione che punta a indebolirti e a isolarti, perciò non mi piango addosso e non mi pento di niente, soprattutto di scelte fatte collettivamente – ha scritto su Facebook Tommaso di Riders Union Bologna, uno dei due attivisti colpiti dalla misura – In questi casi la solidarietà e la vicinanza delle tante persone che mi conoscono e che hanno condiviso con me percorsi di lotta è l’arma più forte e aiuta tantissimo ad affrontare anche i momenti di difficoltà».

«Molte delle conquiste di questi anni – osserva ai nostri microfoni Tommaso, uno dei riders sottoposto a obbligo di firma – sono state conquistate attraverso le lotte. Viviamo una contraddizione per cui da un lato vengono riconosciuti i nostri diritti attraverso le lotte, mentre dall’altro subiamo la repressione».

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La proposta di legge della Commissione europea: assumere i riders

Alla repressione dei riders bolognesi fanno da contraltare due notizie positive. La prima arriva sempre da Bologna, dove Just Eat ha deciso di cambiare l’algoritmo che ora non assegna destinazioni di ritiro merce particolarmente distanti a chi usa la bici classica, quella che oggi chiamano muscolare. In questi casi l’algoritmo chiama in causa i fattorini dotati di scooter, mentre i ciclisti “vecchio stile”, quelli con la bici spinta dalla sola forza delle loro gambe, sono esclusi da un mini-elenco di punti di ritiro merce considerati particolarmente lontani. Oppure situati in zone non servite da piste ciclabili e quindi potenzialmente più rischiose per la sicurezza del ciclofattorino.

La miglior notizia, però, arriva dall’Europa. La Commissione europea ha elaborato una bozza di proposta di legge che prevede in sostanza l‘assunzione come dipendenti di 4,1 milioni di riders in Europa. Un riconoscimento della più importante delle rivendicazioni dei ciclofattorini, che da anni sostengono la natura subordinata della loro professione e i diritti ad essa connessi.
Secondo le stesse stime dell’Ue, l’assunzione dei riders porterebbe ad un aumento delle spese per le piattaforme di delivery pari a 4,5 miliardi di euro l’anno. Dunque è questa la cifra dei profitti fatti dalle piattaforme sulla pelle dei riders.

«Per come è stata presentata all’opinione pubblica sembrerebbe una notizia positiva, dopodiché bisognerà capire come verrà recepita in Italia – osserva con prudenza ai nostri microfoni Lorenzo di Riders Union Bologna – Quindi accogliamo positivamente la notizia, però stiamo ad attendere i suoi sviluppi, soprattutto da parte della politica, perché sappiamo che quando si prende tempi lunghi tende ad andare al di sotto delle aspettative iniziali».
I riders, dunque, non escludono che siano necessarie altre mobilitazioni ed altre lotte per vedere finalmente riconosciuti i proprio diritti.

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