Quando Radio Città Fujiko Chiama, ManicaS risponde, direttamente dalla bolognina il gruppo “elettro-punk wave” partecipa a RiArt con un brano nato a Berlino che suona come un grido di resistenza. Una chiamata alle armi per resistere tutti i giorni all’annichilimento della vita quotidiana e un invito a lottare ogni giorno per una vita migliore.
La nascita del pezzo a Berlino
Quando Almuqawama nacque la band si trovava nella capitale tedesca, e in quei 3 giorni passati nell’underground berlinese l’arrivo delle notizie sui bombardamenti sulla striscia di Gaza, amplificato dalla cupezza della città ha spinto i musicisti a creare una canzone di resistenza. Ispirati dalla sensazione acre lasciata dal Checkpoint Charlie, storico punto di accesso tra le due metà della Berlino occupata, una volta luogo di violenza dove ogni giorno persone rischiavano tutto per attraversare il confine, oggi mera attrazione turistica. Proprio nel vedere una testimonianza della guerra e di una delle pagine più oscure della storia umana, ridotta a una tappa dove scattarsi un selfie e andare avanti, magari inquadrando le bancarelle di cattivissimo gusto che vendono oggettistica rappresentante simboli della guerra, che si manifestò per la prima volta nella mente dei ManicaS l’immagine di una Discoteca sotterranea dove tutti si divertono sotto i bombardamenti, un luogo di guerra che diventa parco giochi. Non solo dunque una canzone che incita a resistere ai soprusi subiti ogni giorno non solo da noi stessi, ma dalle persone che ci circondano, Ma una vera e propria presa di posizione contro l’apatia e il distacco che costantemente sviluppiamo verso gli avvenimenti che ci circondano, uno sprono a restare vigili, e a ricordarci delle persone attorno a noi al fine di lottare insieme per migliorare la condizione di tutti.
Guarda il video e scopri la canzone:
Una canzone che fa male
In un’ epoca dove la capacità di immedesimarsi si allontana sempre di più dalle persone, tramite le chitarre di Carmelo Pipitone, Almuqawama riesce a creare un’atmosfera opprimente, claustrofobica, angosciante. La sensazione di star ballando sopra ai cadaveri, essere circondati dalla violenza senza neanche rendersene conto, colpisce come una sorta di risveglio da un sogno che investe l’ascoltatore mettendolo di fronte alla consapevolezza della morte che si trova fuori dalla porta della discoteca sotterranea, quasi un bunker, che ci mantiene al sicuro, e all’ignaro di cosa accade.
ASCOLTA L’INTERVISTA AI MANICAS:
            
            
            
	






