«Io l’ho chiamata “la Matrixiana”, cioè la Matrix all’italiana, perché è paradossale che sia stato Meta, cioè Zuckerberg, ad avvisarmi che ero spiato, sia perché chi poteva farsi trovare con le mani nella marmellata se non gli agenti italiani?». È così che Luca Casarini, già uno dei portavoce del movimento No Global italiano e tra i fondatori di Mediterranea Saving Human commenta ironico ai nostri microfoni il caso di spionaggio ai suoi danni di cui è avvenuto a conoscenza.
Nel suo telefono è stato trovato uno spyware militare, Paragon, di produzione israeliana e in dotazione esclusiva ai governi occidentali, solitamente utilizzato per l’antiterrorismo.

Paragon, lo spyware in uso alle autorità italiane nel telefono di Luca Casarini

Un caso sollevato ieri dallo stesso Casarini, ma che presto si è rivelato più ampio, coinvolgendo anche il direttore di Fanpage Francesco Cancellato.
Non solo. Questa mattina alcuni quotidiani internazionali come il Guardian e Haaretz hanno riportato la notizia secondo cui la società produttrice dello spyware avrebbe rescisso il contratto con il governo italiano perché le autorità nostrane utilizzavano il software in modo improprio, per spiare attivisti e giornalisti.
Anche se le autorità italiane negano, quindi, gli indizi che portano ad un’attività di spionaggio nei confronti di un attivista impegnato sul tema caldo del soccorso ai migranti in mare sono abbastanza schiaccianti.

Cosa si cercava nel telefono di Casarini? Questo potrebbe scoprirlo il Citizen Lab, un centro di ricerca dell’Università di Toronto specializzato nelle indagini civili su casi come questo. A questo centro si è rivolto Casarini, dopo essere stato informato da Meta sulla presenza dello spyware nel proprio telefono, per capire come funziona il software, ma soprattutto come neutralizzarlo.
«Mi hanno spiegato che questo spyware sofisticato non si può rimuovere dal telefono – racconta l’attivista – ma si può inscatolare per evitare che continui ad essere attivo, ma soprattutto che chi lo ha installato possa bruciare tutte le sue tracce».

Nello specifico, oltre a frugare in tutta la memoria e in tutte le comunicazioni su un telefono, Paragon può essere utilizzato come microfono, anche se il telefono è spento, o come fotocamera o videocamera. Ma soprattutto chi lo controlla può anche immettere dati e materiali nel telefono, assumendone il totale controllo. Un’ipotesi molto pericolosa per chi volesse “incastrare” qualcuno.
«I tecnici di Toronto mi hanno aiutato a “inscatolare” questo spyware, facendo cose col telefono di cui ignoravo l’esistenza», racconta Casarini, secondo cui però sarà difficile risalire con assoluta certezza a chi lo spiava. «L’orgine però si ricava dal tipo di tecnologia utilizzata», sottolinea l’attivista.

Se non è possibile risalire con certezza a chi, si può capire perché qualcuno spiasse Casarini? «Io l’idea ce l’ho da tempo – sorride ai nostri microfoni – È perché gli rompo i coglioni, perché sono uno dei fondatori di Mediterranea, critico il governo sugli accordi vergognosi con la Libia e la Tunisia che violano i diritti umani, sono un oppositore politico e pratico la solidarietà umana cercando di salvare vite in mare».
Lo stesso Casarini cita il caso Almasri di cui si discute in questi giorni e sottolinea come la solidarietà sia diventata un reato. «Se aiuti una donna, un uomo o un bambino in mare sei uno scafista, ma se sei il capo dei trafficanti libici il governo ti porta a casa con un volo di Stato».

ASCOLTA L’INTERVISTA A LUCA CASARINI: