Domani pomeriggio, in Cappella Farnese a Bologna, ArciLesbica e Uisp danno vita alla tavola rotonda: “Lo sport contro l’omofobia: iniziative ed esperienze del territorio”. Tra le ospiti anche Nicole Bonamino, portiera della nazionale di hockey che l’anno scorso ha fatto coming out. Brandolini (ArciLesbica): “L’esempio di atlete ed atleti è ancora il miglior mezzo di contrasto”.

Dieci giorni fa il Bologna ha pareggiato in casa con la Ternana, ma ha vinto la gara dei diritti. Nella giornata di San Valentino, infatti, la società sportiva ha permesso l’ingresso ad un euro al Dall’Ara a fidanzate e fidanzati degli abbonati, ma quel che più conta è che l’iniziativa era rivolta a tutte e tutti, qualunque fosse l’orientamento sessuale della coppia.
È anche attraverso gesti simbolici come questo che si affronta il problema dell’omofobia nello sport, un tema che da oltre un anno vede impegnate in una riflessione comune e in una serie di iniziative sia le associazioni lgbt, sia Uisp.

Domani pomeriggio, alle 16.00 in Cappella Farnese a Bologna, ArciLesbica e Uisp daranno vita ad una tavola rotonda per fare il bilancio delle attività – è proprio il caso di dire – messe in campo in un anno e pensare a nuove strategie. “Lo sport contro l’omofobia: iniziative ed esperienze del territorio“, è il titolo dell’iniziativa, cui prenderanno parte rappresentanti del mondo sportivo e delle associazioni lgbt, giornalistim, docenti universitari ed atleti.
Importante sarà la presenza di Nicole Bonamino, portiera della nazionale di hockey, che l’anno scorso ha dichiarato la propria omosessualità, prima in Italia, dando un importante contributo alla causa.

Lo sport, purtroppo, continua a far parlare di sé per episodi spiacevoli, come la devastazione di alcuni monumenti di Roma, la settimana scorsa, da parte dei tifosi del Feyenoord. Su quei fatti Michele Serra, attraverso la sua rubrica “L’Amaca”, aveva proposto una riflessione di genere, sottolineando come machismo e cameratismo stiano alla base di molti fatti di cronaca che lambiscono eventi sportivi.

“Sicuramente machismo e maschilismo sono una delle principali cause dell’omofobia nello sport – spiega ai nostri microfoni Paola Brandolini, presidente nazionale di ArciLesbica – Basti vedere come atlete che praticano sport considerati maschili non vengano ritenute donne, o viceversa come non siano considerati abbastanza virili gli uomini che praticano attività sportive considerate ‘da femmine'”.
Stereotipi di genere che sembrano duri a morire e nel cui brodo culturale si alimenta anche l’omofobia. Per questo, secondo Brandolini, l’esempio dato in campo da atlete ed atleti rimane il miglior veicolo per indirizzare anche i comportamenti dei tifosi, non solo durante la partita, ma anche fuori dagli stadi.