Dopo i duri scontri e un numero ancora imprecisato di morti per quella che ha assunto le tinte di una vera e propria insurrezione, in Kenya le proteste vanno avanti nonostante il presidente William Ruto abbia annunciato il ritiro della finanziaria contro cui sono scesi in piazza i cittadini.
Ad insorgere contro quella che è apparsa come l’ennesima ricetta del Fondo Monetario Internazionale (Fmi), però, non è stata la tradizionale opposizione politica, ma una giovane generazione di kenyoti, «istruiti e consapevoli», osserva ai nostri microfoni Giacomo Marchetti, giornalista di Contropiano.
La finanziaria del Kenya è stata ritirata, ma l’insurrezione continua: ad animarla la giovane generazione
Per capire ciò che è accaduto è necessario un po’ di contesto. Il Kenya negli ultimi anni è diventato il maggior alleato degli Stati Uniti nell’Africa orientale. Nonostante abbia una buona economia, il Paese è soffocato dal debito, come molti altri Stati africani, contratto con l’Fmi e con altri enti.
Un meccanismo ormai noto, partito negli anni ’80 e che negli anni ’90 era stato al centro di una campagna internazionale in Occidente, con testimonial come Bob Geldof, Bono Vox e Jovanotti, che chiedevano all’Fmi di cancellare il debito dei Paesi africani per non soffocare le loro economie e il loro sviluppo.
La situazione del Kenya, però, ha delle peculiarità sia economiche che anagrafiche. Nel Paese, un terzo della popolazione vive sotto la soglia di povertà e i giovani rappresentano la metà della popolazione stessa.
«Questa nuova generazione africana non ci sta più o a fare la fame nel proprio Paese o essere costretta all’emigrazione senza poter godere delle proprie risorse», spiega Marchetti.
È per questa ragione che, di fronte a una legge finanziaria che prevedeva le solite ricette del Fmi, come una tassazione fortemente regressiva che avrebbe penalizzato ancora la fascia più povera della popolazione, è scoppiata l’insurrezione.
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