La lotta dei curdi contro lo Stato Islamico, da poco riconosciuta come legittima e “amica” dall’Occidente, non è soltanto la lotta per un territorio. Quello che si è sperimentato con successo nel Rojava, è un raffinato esempio di democrazia dal basso ed emancipazione.
Negli ultimi tempi capita spesso di guardare alla lotta dei curdi come la strenua difesa di un popolo dall’invasione degli islamici integralisti dello Stato Islamico. Se questo assunto può essere vero da un certo punto di vista, l’assunto stesso nega la storicità degli avvenimenti che si stanno susseguendo al confine tra Turchia e Siria e, soprattutto, nega il laboratorio di democrazia ed emancipazione realizzato nel Rojava.
Se non si comprende quanto la lotta dei curdi siriani e turchi (per i peshmerga curdi iracheni il discorso è molto diverso, visti gli accadimenti dell’estate scorsa), non si può arrivare a capire, ad esempio, il coinvolgimento attivo della Turchia, il cui sostegno allo Stato Islamico è diventato più di un sospetto, nella vicenda.
Il Rojava è diventato un’oasi di democrazia, un laboratorio di autogestione e autonomia, da molto prima dell’avanzata dello Stato Islamico, come ci conferma una combattente curda dell’YPJ (le milizie curde composte unicamente da donne) ospite ai nostri microfoni. Questo nuovo modello supera la concezione marxista dello stato, in linea con l’evoluzione teorica del PKK turco-curdo, per arrivare ad una concezione nuova e riuscita nella pratica dell’autonomia locale fondata sulla democrazia dal basso e sulla totale parità di genere. Per questo il convolgimento attivo e autonomo delle donne curde nella battaglia per la democrazia assume un carattere ancora più diromepente Soltanto comprendendo il carattere profondamente rivoluzionario per il Medio Oriente di Rojava, si può capire perchè questo esperimento sia osteggiato, anche dagli alleati dell’Occidente, terrorizzati da Rojava già prima della nascita dello Stato Islamico. Se le donne del Rojava, insomma, dovessero vincere, costituirebbero un detonatore di democazia per tutto il Medio Oriente, non soltanto in funzione anti-IS.