Che cos’è Welfare pubblico?” 1-2 Ottobre – Università degli studi di Padova, due giorni di confronto e riflessione organizzati dal Laboratorio Welfare Pubblico tra il mondo accademico (chi studia a analizza il Sistema Lavoro e i suoi cambiamenti) e quello dei lavoratori del sociale (chi ogni giorno vive e lavora dentro questi cambiamenti). Tematica centrale il mutamento che sta investendo, non da oggi, il welfare del nostro paese, spingendolo sempre di più verso logiche di mercato, distanti dalla vocazione sociale che ne aveva contraddistinto le origini.

Sandro Busso, docente di Sociologia dei fenomeni politici all’Università di Torino, è intervenuto sui meccanismi della privatizzazione/esternalizzazione ne gli anni successivi alla crisi economica d 2008: se prima la titolarità dei Servizi era pubblica e la gestione del Terzo Settore, da quel momento, con il passaggio graduale della prima dal pubblico al privato, ci si è diretti progressivamente verso il modello del quasi mercato. Come questo processo ricade sulle condizioni di lavoro? Quali i criteri d’accesso ai Servizi, quale la loro qualità? Busso indica nella complessità dei flussi di risorse uno dei fattori che determinano o meno la qualità di un servizio e le condizioni di lavoro.

Questi fenomeni hanno anche portato a una ridefinizione del vocabolario del sociale, basti pensare alla progressiva sostituzione della parola utenti con la parola clienti (di un servizio). Diego del Laboratorio Welfare Pubblico, ha infatti spiegato che uno degli obiettivi del confronto è quello di ricominciare a contaminare i linguaggi accademico e operativo per restituirne i significati originari. Lo stesso relatore ha poi analizzato le cause che hanno portato i lavoratori sociali a perdere la dimensione politica del loro agire per mantenerne solo quella meramente prestazionale. A quali condizioni, poi.

Le condizioni, il più delle volte inaccettabili, dei lavoratori del sociale hanno quindi trovato il giusto spazio nella discussione. Interessante a questo proposito la testimonianza di operatori che, nella latitanza di enti locali e sindacati, hanno continuato a svolgere il loro lavoro in cooperative che da tempo non corrispondevano gli stipendi dovuti. Lavoratori che si sono trovati così a vivere in ristrettezze economiche insostenibili con l’unica alternativa, nel migliore dei casi, di accedere a forme di lavoro in nero e mal retribuito. Matteo Maserati, Sial Cobas, ha sostenuto la necessità di trovare, attraverso sempre maggiori spazi di confronto, nuove pratiche e nuove forme di organizzazione dentro e fuori i servizi con l’obiettivo di superare il sindacalismo tradizionale per approdare a un sindacalismo “politico” capace di mettere in discussione scelte politiche e uso di risorse pubbliche.

Barbara Giullari dell’Università di Bologna ha posto l’accento del suo intervento sulla tensione fra responsabilità pubblica e responsabilità privata rispetto alle istanze della riproduzione sociale e sulla criticità e ambivalenza nel rapporto fra cura e lavoro (nelle società capitalistiche il concetto di valore ha sempre più a che fare con la mera valorizzazione economica. E’ lavoro ciò che produce valore economico ed è improduttivo tutto ciò che non sta dentro questo recinto).

Il contributo che abbiamo portato noi alla discussione come collettivo che fornisce una trasmissione radiofonica su questi temi, è stato quello di condividere la nostra storia di militanza come propulsori di alcuni tentativi di cambiamento culturale, sindacale e politico nell’universo welfare del nostro territorio, non rinunciando mai a trasversalità e connessione con altre realtà e discipline. Che è poi quello che ci ripromettiamo di continuare a fare.