Se c’è un aspetto dell’epoca fascista con cui l’Italia ha fatto poco i conti è il colonialismo in Africa, in particolare in Eritrea, Somalia, Libia ed Etiopia. La retorica degli “italiani brava gente” ha oscurato i crimini, i massacri, il madamato (cioè gli stupri, la pedofilia e i matrimoni forzati di bambine con soldati e funzionari italiani) compiuti dai nostri connazionali tra la fine dell’Ottocento e sopratutto durante il ventennio fascista.
Le cosiddette “imprese coloniali” vengono ancora oggi celebrate in lungo e in largo da lapidi e monumenti sparsi per l’Italia. Una di queste, ad esempio, campeggia davanti al Municipio di San Giorgio di Piano, in provincia di Bologna, e ricorda i caduti italiani nella guerra d’Etiopia senza alcun accenno ai crimini compiuti dall’Italia.

Il prossimo 25 aprile il Comune di San Giorgio di Piano farà un’operazione di memoria anticoloniale, affiggendo una targa in prossimità della lapide che contestualizza e risemantizza quel monumento.
Il giorno successivo, venerdì 26 aprile, invece, alle 21.00 nella Sala consiliare si terrà l’incontro “Le Resistenze altre – Racconto per storie e immagini delle lotte contro l’occupazione e i crimini italiani nelle colonie”.

San Giorgio di Piano e la memoria anticoloniale

«Quella lapide fu modificata dopo il 25 aprile – racconta Mattia Zucchini, assessore alla Cultura di San Giorgio di Piano – ma furono tolti soltanto i riferimenti al fascismo, mentre non c’era ancora una sensibilità che si opponesse al colonialismo italiano e ai suoi crimini».
Da un confronto con storici ed esperti e approfondendo quali fossero i metodi migliori per intervenire su un monumento problematico, il Comune ha così deciso di non rimuovere la lapide, ma di apporre una targa che dà un significato diverso al monumento stesso. In questo modo si ricorda la storia, ma valutandola con i valori del presente, tra cui appunto l’antirazzismo e l’anticolonialismo.

«A distanza di tanti anni – si legge nella targa che verrà scoperta giovedì – se la pietà per le giovani vite mandate al macello in questa e in altre guerre rimane viva, l’esaltazione che il regime volle conferire a questa scellerata campagna di occupazione rappresenta una ferita scolpita sul marmo di questo portico e sulla pelle di chi la subì».
Il testo prosegue ricordando come nelle guerre coloniali dell’Italia morirono centinaia di migliaia di civili e militari e che i comandi italiani si resero responsabili di crimini di guerra e condotte atroci, come l’uso di gas tossici.

Il 26 aprile, invece, il focus si sposterà sulle forme di resistenza delle comunità occupate e colonizzate. Alla conferenza prenderanno parte Viviana Graviano, storica e curatrice di arte contemporanea, l’antropologa visuale Giulia Grechi, Nadia Mohamed Abdelhamid, insegnante e mediatrice culturale libica e il fumettista Andrea Sestante, che sta realizzando una graphic novel sullo Yekatit 12, il massacro compiuto dagli italiani ad Addis Abeba, in Etiopia, per rappresaglia all’attentato al “viceré d’Etiopia” Rodolfo Graziani.

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