Negli Stati Uniti d’America oggi si vota per eleggere il o la presidente e il risultato è più che mai incerto. La sfida tra la democratica Kamala Harris e il repubblicano Donald Trump si configura come all’ultimo voto e per avere i risultati definitivi potrebbe servire tempo, anche per le tensioni alimentate dallo stesso Trump e per possibili scenari simili a quelli dell’assalto a Capitol Hill.
Ma quale impatto potrebbe avere il risultato delle presidenziali Usa sugli assetti del mondo? È una domanda che acquisisce importanza in un contesto storico che vede proprio gli Stati Uniti in crisi di egemonia e l’Occidente al seguito in grossa difficoltà. Una domanda che abbiamo rivolto a Pier Giorgio Ardeni, docente di Economia dello sviluppo internazionale all’Università di Bologna.

Le presidenziali Usa e il mondo multipolare: quali scenari

Ardeni pochi giorni fa ha firmato un articolo pubblicato da il Manifesto e intitolato “Il mondo multipolare che verrà“. Il focus è sul recente avvicinamento dei Paesi cosiddetti Brics (acronimo di Brazil, Russia, India, China, and South Africa), cioè Paesi emergenti o emersi che vogliono esprimere un nuovo protagonismo sulla scena globale.
In questa chiave, quindi, per il docente dell’Unibo il responso delle urne statunitensi non avrà un significativo impatto sulla situazione globale. «Non penso che cambieranno molto gli assetti del mondo a seconda di chi vince – afferma Ardeni ai nostri microfoni – Nelle specifiche questioni di politica estera potrà cambiare l’atteggiamento sulla guerra in Ucraina o in parte quella nel conflitto tra Israele e Palestina, ma non credo che cambierà moltissimo».

Una vittoria di Trump probabilmente potrebbe ringalluzzire le destre in Europa o in America Latina, mentre una vittoria di Harris non modificherebbe nulla dell’attuale assetto.
Ma la direzione del mondo multipolare è segnata e ciò è stato possibile anche dalle difficoltà che l’Occidente sta vivendo e dall’isolamento in cui si è cacciato con le sue politiche.
«Brics finora è stata solo una sigla, l’insieme di quei Paesi non è mai stato una vera entità politica – evidenzia il docente – mentre ora c’è stato un avvicinamento anche causato dalla guerra in Ucraina e dall’atteggiamento degli occidentali. Sono gli occidentali che stanno favorendo questa convergenza, che vede alcune delle principali economie del mondo, come Cina e India».

La strada verso un mondo multipolare, quindi, è tracciata indipendentemente dal risultato delle presidenziali Usa. «I nostri commentatori fanno male a vedere l’emergere di nuovi poli come la nascita di una nuova contrapposizione, non è la ripetizione della Guerra Fredda – mette in guardia Ardeni – anzitutto perché la Cina non ha mai avuto una politica espansionistica. Poi anche l’India sta crescendo, ma non è alleata con la Cina».
Per il docente di economia, la nascita di un mondo multipolare è una cosa positiva proprio perché non si avrà più un mondo con due poli. Ma «bisogna agire con saggezza – sottolinea – perché comunque siamo nell’era nucleare e la contrapposizione violenta non fa bene a nessuno. Al contrario occorre la cooperazione, se non la coesistenza pacifica, altrimenti si va a uno scontro in cui tutti sarebbero perdenti».

In questo scenario gli Stati Uniti ancora faticano a non immaginarsi come “dominus del mondo“, secondo Ardeni, e l’Europa, specialmente nella gestione dei conflitti alle sue porte, si è mostrata subalterna.
«L’Europa sarebbe in una situazione ideale per affermarsi come un altro polo – E invece si è stupidamente accodata agli Stati Uniti in questa contrapposizione con la Russia sull’Ucraina ed è una politica cieca che porta solo alla dipendenza economica e militare dagli Stati Uniti. Invece dovrebbe avere un suo ruolo, non solo culturale, ma anche politico e economico».

ASCOLTA L’INTERVISTA A PIER GIORGIO ARDENI: