L’orribile femminicidio di Anna Sviridenko, stragolata dall’ex partner Andrea Paltrinieri, che poi ha portato il cadavere in caserma a Modena nel baule della propria auto, è l’ennesimo caso di violenza di genere in Italia e nella nostra regione.
La vicenda, però, apre una riflessione anche sui meccanismi di prevenzione della violenza sia nei confronti delle donne che nei confronti dei figli. Se la giurisprudenza riconosce nella fattispecie di maltrattamenti in famiglia il reato della violenza assistita dai figli da parte del padre nei confronti della madre, non sempre ciò si traduce in una decisione del giudice riguardo all’affidamento dei figli che tenga conto del fatto che un genitore violento non può essere un buon genitore.
Nell’affidamento dei figli spesso i tribunali scontano un retaggio patriarcale: i diritti del padre garantito anche se violento
Secondo le ricostruzioni della stampa, Sviridenko sarebbe stata uccisa da Paltrinieri per questioni legate all’affidamento dei figli.
In un comunicato del Coordinamento dei Centri Antiviolenza dell’Emilia-Romagna si sottolinea come le battaglie delle donne che hanno subito una qualche forma di violenza e che vogliono preservare i figli dal medesimo destino sono spesso lunghe e faticose e spesso non danno gli esiti sperati. «L’esperienza delle donne che si rivolgono ai nostri Centri ci insegna che le madri, spesso, devono sostenere delle lunghe battaglie giudiziarie per l’affido esclusivo dei propri figli – si legge nel comunicato – Viene chiesto loro di dimostrare ciò che è ovvio e cioè, che un uomo violento non può essere un buon padre».
Eppure l’inclinazione alla violenza raramente viene considerata incompatibile con la capacità genitoriale all’interno dei tribunali. «È un problema culturale», sottolinea ai nostri microfoni Cristina Magnani, presidente del Coordinamento dei Centri Antiviolenza dell’Emilia-Romagna.
In particolare, nelle ordinanze e nelle sentenze dei giudici c’è la tendenza a salvare sempre e comunque la figura del padre, in forza di retaggi patriarcali che individuano nel padre una figura genitoriale fondamentale, anche se questi è violento. Eppure, la violenza di un genitore mal si concilia con quello che dovrebbe essere il suo ruolo, che è prima di tutto educazione al rispetto dell’altro, sia nei valori trasmessi che nell’esempio dato.
Decretando l’affidamento condiviso tra la madre e un padre violento, sottolinea Magnani, «si riattiva sia il trauma della donna, che è costretta ad incontrare l’uomo ogni volta che c’è un incontro per lo scambio dei figlia, ma anche il trauma per i figli che hanno assistito alla violenza del padre nei confronti della madre».
In altre parole, spesso i giudici tutelano i diritti del padre a prescindere dal loro comportamento nei confronti della donna, ma anche nei confronti dei figli che hanno assistito alla violenza sulla propria madre. A venir meno sono i diritti della donna e dei bambini, cioè delle vittime della violenza.
La Convenzione di Istanbul, recentemente recepita nella normativa italiana, interviene anche in questo senso. «Nel decidere sull’affidamento dei bambini – spiega Magnani – il giudice deve tener conto delle denunce e dei procedimenti pendenti per violenza nei confronti delle madri dei bambini. Un padre violento, che non si trattiene e non ha controllo dei propri impulsi violenti nei confronti della moglie, della convivente, è una persona sulla cui genitorialità pende un grosso punto interrogativo che va valutato. Secondo noi e secondo psicologi ed esperti della materia, non può essere un genitore adeguato perché l’uso della violenza non è sintomo di capacità genitoriale».
Come fare allora per risolvere il problema? Essenziale è la formazione dei giudici. «Ciò che deve essere divulgato sono le ricadute negative del contatto minore-genitore violento sul minore – sottolinea la presidente del Coordinamento – Sarebbe necessario che la disciplina giuridica a cui i giudici sono formati fosse integrata anche da conoscenze in ambito di psicologia e violenza di genere. Serve formazione».
ASCOLTA L’INTERVISTA A CRISTINA MAGNANI: